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Towards a Complementary Humanism - save humanism and human world - by Ajith Rohan J.T.F.

  Common Objective – "Save humanity and the human world." By "human world," we refer to the "man-made world...

Monday, 7 December 2009

T. S. Eliot tra passato e presente - L’attimo presente del passato è hic et nunc



By Ajith Rohan J.T.F. Rome

"Da ciò è nata la concezione dell’uomo in quanto soggetto, che è libero di esprimere le idee, che nascono secondo questa corrente di pensiero, libero di pensare in modo autonomo e, come dice Eliot, con un’intelligenza di “primo ordine” che non ha alcun legame storico o tradizionale . Inoltre Eliot mantiene tre concetti fondamentali per la sua critica letteraria: emozione, sensibilità e impersonalità".

Sommario
L’attimo presente del passato è “hic et nunc” 3
Campo della storia ......................................... 4
La percezione................................................. 5
La tradizione.................................................. 5
L’identità dell’uomo ...................................... 6
I tre concetti fondamentali emozione, sensibilità e impersonale ............................... 7
Correlazione oggettiva ................................... 9
La novità scoperta ........................................ 11

L’attimo presente del passato è “hic et nunc”

Il pensiero di Eliot è ordinato nel suo modo di procedere, con un forte senso di responsabilità, con un senso d’autorità. Questi sentimenti sono individuabili sotto il dominio del termine tradizione. Questo modo di pensare e vivere nasce dal modo di proseguire le attività della propria esistenza all’interno di in una cultura, di una storia, di una tradizione in parte data e, come sostiene Eliot stesso, scoperta. Il metodo scaturisce dalle reazioni per il romanticismo che ripudia come - uomo letterato - quel modo di percepire la realtà. Da ciò è nata la concezione dell’uomo in quanto soggetto, che è libero di esprimere le idee, che nascono secondo questa corrente di pensiero, libero di pensare in modo autonomo e, come dice Eliot, con un’intelligenza di “primo ordine” che non ha alcun legame storico o tradizionale . Inoltre Eliot mantiene tre concetti fondamentali per la sua critica letteraria: emozione, sensibilità e impersonalità. Secondo Eliot un poeta ha due personalità: la prima è di essere ricettore , assorbitore; la seconda è di essere trasformatore delle cose ricevute, questa agisce nel processo dell’assorbire. L’importanza di un’opera d’arte o di una poesia non dipende dalle emozioni o dai sentimenti ma dall’ attività specifica di qualsiasi campo in cui si producono le idee. Eliot specifica su cosa si basa l’attività poetica : sul pensare in modo creativo relativamente alla tradizione e alla propria storia in vista di trovare un posto coerente alla creatura nuova. La storia così, non è qualcosa di passato, morto, ma è qualcosa che vive ora, vive nel presente. La storia è una delle forze attive del presente, conserva la viva presenza nel presente di ciò che è passato del passato: hic et nunc.

Campo della storia

La Storia oltrepassa la storia dell’individuo per poi essere il catalisis di un intero popolo, di una cultura, di una tradizione. Nonostante ciò, paradossalmente, questa storia mantiene l’accesso a essa con chiavi di lettura personalizzate . Quindi, i risultati delle letture sussistono con un privilegio nella stessa storia. Il campo di riflessione si estende così e va su queste letture diverse, marcando le direzioni e gli obiettivi delle opere, in una determinata epoca.

La percezione

In questo modo di pensare appare la percezione della storia:«non solo passato che come passato è passato, ma è anche presente». Vale a dire «è un’esistenza simultanea e si struttura in un ordine simultaneo». La tradizione e la storia sono fenomeni, che sussistono nel presente, nella coscienza delle persone e, producano idee nuove. Questo modo di pensare il presente evita il pericolo delle idee che non mantengono la corrispondenza con la realtà e, che a loro volta, non dimostrano né effetti o conseguenze , che possono spingere verso un non senso, essendo puro. D’altra parte si può reagire al presente pur essendo una forza del pensiero, in modo distruttivo. Questo modo di percepire puro, in un contesto storico, dovrebbe assorbire in un primo momento, un senso «a temporale» (timeless) per poi arrivare ad uno status «temporale». La sintesi dei due momenti forma la «tradizione».

La tradizione

Questo termine, anche ai giorni nostri, in tutte le culture e in diversi gradi, viene usato con un senso negativo, come termine avversario del moderno. Dice Eliot stesso che, se la tradizione venisse usata «con una cieca o timida adesione ai risultati ottenuti, essa andrebbe senza altro scoraggiata». Per questo termine Eliot intende che essa non è altro che il rispetto della propria temporalità. Vale a dire che bisognerebbe evitare i rischi che possono derivare dai pensieri puri. Quindi, la tradizione aiuta a essere coscienti del proprio tempo e del luogo di appartenenza. Sostiene Eliot che, la tradizione non può essere ereditata ma dovrebbe essere conquistata. Quest’obiettivo richiede tanto lavoro, impegno ed esige un buon senso della storia.

L’identità dell’uomo

Secondo la teoria di Eliot l’uomo non può comportarsi in modi mondi diversi senza storia e tradizione. Nessuno può trovare il proprio senso senza gli altri; ciascuno è portatore delle esperienze proprie, che a loro volta sono state scavate e formati dalla storia e dalla tradizione. Ciò vuol dire che l’identità propria, è formata dalla parte storica che sta in fondo, che fa da catalisis all’individuo e gli permette di scoprire gli elementi e costruire la propria identità. Ecco perché la tradizione è una conquista. Così un individuo che produce le idee nuove, conquista un posto collocandosi all’interno della propria tradizione, tra i propri simili e nello spazio che occupa. In questo modo ha la possibilità di contrapporsi, ossia criticare, le idee della tradizione per poi scoprirne delle nuove.

I tre concetti fondamentali emozione, sensibilità e impersonale

I sentimenti, secondo Eliot, innanzitutto e soprattutto, sono elementi empirici e non sono astratti. Esse ci danno la sensibilità, la certezza, su un piano reale o immaginario, le nuove sensazioni con dimensioni varie rispetto alle esperienze. Le emozioni sono costituite dai sentimenti vari, quindi hanno una sua natura e un loro modo di procedere. Uno ha possibilità di provocare i sentimenti di una persona, ma non può stuzzicare le emozioni ad esempio concupiscibili, irascibili, di piacere, amore ecc. perché sono come gli insiemi, di per sé non esistono, ma sussistono grazie ai sentimenti.
I sentimenti di cui abbiamo discusso, possono ricevere un attributo morale in base ai valori culturali, sociali e politici. Nel mondo poetico esistono i sentimenti astratti che non sono né buoni né cattivi. La sensibilità , secondo Eliot, nell’arte dovrebbe essere una forza morale che
distingue il bene dal male, per dare il valore reale, in un contesto definito. La sensibilità è, dunque, l’organizzazione dei diversi sentimenti e delle diverse percezioni che esistono, che può essere applicata alla vita reale, ed è in parte definita. Ciò vuol dire che la sensibilità e l’applicazione è una competenza dell’uomo creativo . La sensibilità si esprime nelle sue forme nuove, grazie alle capacità linguistiche viventi e ai nuovi mondi scoperti .
Il concetto impersonale, secondo Eliot, è legato alla storia e alla poesia. Dunque per comprendere meglio il concetto, dobbiamo discutere queste due connessioni. La prima riguarda la relazione tra il poeta e la storia e, possiamo comprenderla in base all’importanza che egli ha descritto riguardo alla tradizione. Dunque, la storia vive nel presente. Questa storia non è un concetto vuoto ma contiene un’ immensità di dati, fatti e procedure diverse, tra cui possiamo individuare le diverse tradizioni, i pensieri diversi che sono applicati al quadro del presente con le pennellate modificabili collegate ad altre caratteristiche. Così nessun uomo nasce con sentimenti e con sensibilità pura, ma ,sempre all’interno di una cultura data. Ciò vuol dire che il significato e il senso dell’esistenza di una persona dipendono dalla storia vivente nel presente. Il valore, il senso e il significato della persona dipendono dagli altri, da coloro che hanno costruito il quadro storico-tradizionale. Quindi con la relazione tra le tradizioni uno dovrebbero pensare in modo critico, per scoprire le novità dell’essere della tradizione . Uno non può valutare se stesso da solo. Ciò vuol dire che vi è una dimensione impersonale che impedisce il soggettivismo puro dei romantici. Eliot, non intende la storia o la tradizione come un dogma , anzi, come dice lui stesso, tale concezione dovrebbe essere «scoraggiata» . La responsabilità di un poeta non è affermare la propria personalità, ma “con” e “a partire” dal mezzo che è il suo pensiero, prendere coscienza delle forze e dei processi del pensiero nell’immensità della mente e, valutarli e criticarli per poi sentire l’odore delle dimensioni nascoste, in attesa di poterli condividere con la comunità umana. I pensieri e le esperienze sono importanti per gli esseri umani. D’altra parte l’ esperienza di un’ opera d’arte può anche non essere importante nell’ intimo della personalità un soggetto.

Correlazione oggettiva

Il termine viene usato per la prima volta in un discorso sull’arte, tenuto a Washington circa 1840 e lo si utilizza in modo chiaro anche nell’ Amleto e i suoi problemi e in Il bosco Sacro. È un modo di accedere esplicito ai concetti che non vengono utilizzati da nessuna tradizione o storia, come quei sentimenti, emozioni colori ecc: «Will any one assert that the surrounding inorganic elements of air, earth, heat, and water produce its peculiar form? Though some, or all, of these may be essential to its development, they are so only as its predetermined correlatives, without which its existence could not be manifested; and in like manner must the peculiar form of the vegetable pre-exist in its life, -in its idea, in order to evolve by these assimilants its own proper organism. [...] So, too, is the external world to the mind; which needs, also, as the condition of its manifestation, its objective correlative. Hence the presence of some outward object, predetermined to correspond to the pre-existing idea in its living power, ». Per Eliot, quest’aspetto della produzione dell’arte umana, è molto importante perché dice che qualsiasi tipo di arte, innanzitutto e soprattutto, dovrebbe impegnarsi per la ricerca delle relazioni tra i sentimenti, le emozioni e integrarsi con i fenomeni. Se per natura poiesis è l’unico modo e medium per esprimere quello che noi pensiamo, questa relazione è fondamentale. Un paio di fenomeni, un contesto, un opportunità e una serie di avvenimenti sono gli elementi costituitivi di un emozione che possiamo poi analizzare.

Quando un sentimento si connette con un’emozione esperienziale oggettiva, con gli elementi che sono requisiti necessari, le emozioni cominciano ad esistere , e questa è l’inevitabilità dell’arte. Le caratteristiche insignificanti e negative di Gertrude secondo Eliot fanno scaturire i nuovi sentimenti che, a loro volta ,finiscono in un emozione nuova in Amleto, per poi attuare le cose che era impossibile mettere in luce. Così la puzza della criminalità, marcia in quella donna, prende vita in Amleto ma non riesce a trovare i “correlativi oggettivi” per mancanza della retorica. Ossia, «una serie di oggetti, una situazione una catena di eventi», non vengono espressi: «Amleto (uomo) è dominato da un’emozione che è inesprimibile perché è in eccesso ai fatti quali appaiono» . I sentimenti non hanno la possibilità di emergere dagli abissi per occupare gli spazi del mondo reale e poi essere chiamati per nome . Questo ci riporta ai catalisis interni, di qualsiasi cosa materiale o spirituale, con le attività per cui uno può avere relazioni tra i diversi strati dell’esistenza.

La novità scoperta

Prima di scoprire le novità, la tradizione di partenza rimane in sé conclusa, quindi completa. La novità diventa ordine ideale della misura della valutazione del tutto nella tradizione. La tradizione per non essere annullata dalla novità, comincia a riorganizzarsi intorno al nucleo nuovo, trova poi un nuovo equilibrio. In un contesto tale, scaturisce la coerenza tra antico e nuovo. La novità scoperta da un autore è che «[…]quelle caratteristiche della sua opera in cui egli somiglia meno ad altri[…]». Queste sono le caratteristiche di quell’ autore, dalle quali possiamo ricavare qualcosa che si può isolare per poi «compiacerne» . Questo, non avviene con un’imitazione cieca, riferita ad un periodo storico, letterario o di qualsiasi altro campo. Occorre la consapevolezza della tradizione nella «quale non è detto che concorrano infallibilmente tutte le personalità[…]» Si dovrà sapere che «l’arte non migliora mai, anche se il materiale dell’arte non è mai completamente lo stesso» e «lo spirito del suo paese è in movimento, ma […] tale movimento, è fatto in modo che nulla venga abbandonato en route,[…]» .

Wednesday, 2 December 2009

Zero e pensiero dinamico – (Appunti per filosofia teoretica 01) by Ajith Rohan J.T.F., Rome

Rome at night 2012

Ajith Rohan J.T.F.


Zero e pensiero dinamico – (Appunti 01)

Premessa

L’obiettivo principale di questa ricerca è  capire brevemente da cosa e come nasce il concetto matematico-linguistico “zero” e la sua presenza, in varie forme, in diverse culture del mondo.  In questo modo seguiamo i tratti tecnici dell’invenzione dello zero. Questo processo è accompagnato dalla critica filosofica e argomenteremo per comprendere questa creazione del concetto di zero così com’è stato influenzato a livello “Socio-Politico-Economico-Culturale” (SPEC). Inoltre,riguardo allo zero, siamo convinti della sua natura congenita e della sua inevitabilità, cioè di uno “spazio vuoto individuato” e rappresentato da un concetto ed eventualmente da un simbolo per la comunicazione e per qualsiasi espressione perfetta (numerica o linguistica) umana (cfr. Ajith Rohan J.T.F., La Retorica ed Ermeneutica come discipline complementari per la ricerca della verità in Aristotele e in Gadamer, 2008 Roma). In questo modo noi proviamo ulteriormente la nostra teoria della conoscenza basata sulla definizione dell’uomo: avente logos.

Questa necessità probabilmente è stata individuata materialmente e oggettivamente da parte di quel (quale?)popolo del continente Indiano, in quanto già avevano un pensiero raffinato filosofico-religioso pratico che a sua volta facilitava una tale invenzione. Inoltre, la lingua antica Sanskrito forniva già un termine che ha facilitato il comunicare questo concetto senza difficoltà nella vicissitudine della vita quotidiana. Il termine era “sunya” (vuoto e assenza – che genera una sensazione uguale a zero). Inizialmente tutti questi termini avevano un senso religioso. Ciò non vuol dire che escludendo attributi religiosi noi non possiamo trattare il concetto di zero. D’altra parte il senso religioso era solo lo sfondo culturale e civile con cui a loro volta abbellivano i concetti e la vita pratica in generale (dei, demoni, spiriti, bene, male, paradiso, inferno ecc). Questo fatto dello sfondo relativo delle epoche è presente in tutte le culture e civiltà del mondo. Ora noi lo dobbiamo comprendere senza attributi particolari in quanto semplice ed autentico possibile.

Alcuni fatti storici rilevanti

Il primo impero persiano fondato da Ciro il Grande è stato il più grande impero che copriva l’area geografica e culturale dalla valle dell’Indo all’Europa (550-330 a. c.). Questo impero ha collegato tutte le culture all’epoca in diversi modi: libertà di circolazione, fedi, culture, strade ecc. Inoltre, durante il periodo che si chiama Pax Persica, ha liberalizzato oltre alla strada regale che connetteva occidente all’India, la circolazione delle idee sociali, filosofie e culture e relative tecnologie. In questo modo prima della nascita di Siddhartha Gautama da Atene fino a valle d’Indo si conoscevano e si scambiavano non solo merci ma le idee e le culture. Gli esiliati greci, ebrei, e altre persone in questo impero, sono stati ben accolti. Secondo i fatti storici l’impero Achemenide persiano è stato il primo multinazionale e multi culturale. (cfr. Warwick Ball, Towards One World, Ancient Persia and the West, London, 2010, p 22-23). Secondo Ball, Anassimandro, Ecateo, Ippodamo, Pitagora, Anassagora, Ippocrate, Erodoto ed Eraclito  sono nati o vissuti sotto l’impero Persiano in Asia Minore (cfr. ibidem, p. 39). Inoltre quando nacque Siddhartha Gautama nel 480 a. c. i soldati Indiani del regno di Gandhara stavano facendo guerra a150 miglia da Atene per conto dell’impero Persiano (Stephen BatchelorA Buddhist Voice for Europe, EBU AGM, 2010). Tutti questi fatti riportati qui provano i legami diretti tra Occidente e Oriente prima della nascita di Siddhartha Gautama.

Alessandro di Macedonia e legami culturali


Questo legame poi venne ristabilito da Alessandro di Macedonia (356-323 a.c.) con più dinamica. Alessandro durante i suoi viaggi ha portato i filosofi interessati. Uno di questi è stato Pirrone di Elide (360-275 a.c.) che poi divenne il fondatore della prima scuola dello scetticismo in Occidente. Pirrone ha adottato uno strumento di argomentazione diversa da quella abituale, quindi la logica Chatuskoti, ossia la logica cha ha usato Siddhartha Gautama. Ciò significa,come affermano vari filosofi, dopo Alessandro di Macedonia le relazioni accademiche e culturali cominciavano a ricrescere. Quando venne Alessandro in India nella zona dell’ attuale Pakistan c’era la famosa università Takshila ove si insegnava la dottrina di Siddhartha Gautama e c’era anche il famoso economista Kautilya.  Questi fatti sono verificabili anche a livello archeologico. In oltre il testo che si chiama le Domande di Milinda (Milinda Panha) è un'altra prova materiale di questo legame tra Grecia e Indo-Grecia.    

D’altra parte dopo Alessandro di Macedonia la politica dell’impero è stata cambiata e l’India viene unificata sotto l’Impero di ChandraGupta (321-297 a. c.). Alla fine sotto l’imperatore Ashoka (304-232 a. c.) l’impero è stato portato al suo massimo splendore con la filosofia di Siddhartha Gautama e dopo di lui ha inizio la sua decadenza. Così in India, dopo l’imperatore Ashoka, il buddhismo viene abbandonato. L'India è stata gradualmente ripristinata ai principi pre-ariani e post-ariani o Vedica (base dei 4 Veda).In questo modo noi possiamo comprendere perché e come il monaco Nagarjuna (150-250 d. c.) è riuscito a pensare con una logica diversa e creare un concetto che trasforma tutta la matematica del mondo.  

Alcuni concetti importanti per la ricerca

Significato del termine sunyatha

Il termine nominativo “sunyatha” (शून्य) indica il «non essere, la non esistenza, ciò che non ha forma, ciò che è presente come non essere, assente, nulla. [in questo modo] gli scienziati indiani decisero che il termine “sunyatha” era perfettamente adatto, da un punto di vista sia filosofico, sia matematico (calcolo), a esprimere la nozione di assenza di uno degli elementi costitutivi del numero di volta in volta unità, decina, centinaia ecc»[1]. Sunyatha non significa “vuoto” ma  qualcosa d’indefinito. Com’è un “insieme vuoto”. D’altra parte questo termine ha una storia filosofica e religiosa in India. Il simbolo che rappresenta lo zero è un cerchio vuoto; anticamente rappresentava anche «cielo, spazio, atmosfera o firmamento». C’erano quattro rappresentazioni dello zero in India: «vuoto-spazio (sunya-kha), vuoto-circonferenza (sunya-chakra) zero-punto (sunya-bindu) [ed in fine] vuoto-numero (sunya-samkhya)»[2].

Von Neumann dice che i numeri: « could be bootstrapped out of the empty set by the operations of the mind». La mente umana è capace di osservare questi «insiemi vuoti» e così anche un altro «insieme vuoto» e così via. La base di qualsiasi partenza di un qualsiasi pensiero umano è lo stesso “insieme vuoto”. In questo modo un insieme vuoto non è più vuoto ma è un «“non-cosa”» ossia la “cosalità” mentale (cfr. A. Rohan 2008, Roma). Ora, questa conoscenza pratica la applichiamo al nostro modo di comprendere numeri partendo da zero o finire con lo zero (0 1,2,3,4,5,6,7,8,9, o al contrario); cioè, consideriamo che “Sunyatha” sia un insieme vuoto che a sua volta diventa una «“non cosa”» (cosalità) dopo aver attribuito il senso numerico di assenza come mediale o operatore (posizionale). In questo modo comprendiamo il legame tra il numero vuoto, insieme vuoto, “cosalità” e pensiero.  

Il problema della logica e comprensioni diverse

Il monaco buddhista Nagarjuna ha usato due logiche: quello chatuskoti e il sillogismo aristotelico. La logica di Buddha ha 4 possibilità (chatuskoti) ossia procede con quattro passaggi: per esempio, vero (p); falso (-p); ambe e due vero (p) e falso (-p); né vero (p) nemmeno falso (-p); (cioè tutto è possibile con una alternativa a scelta). Questa è la logica che il filosofo Pirrone di Elide (360-275 a.c.) ha usato per la sua scuola filosofica. Ciò vuol dire che la logica con quattro possibilità è stata usata da Siddhartha Gautama, nell’università di Takshila e da altri seguaci della filosofia di Siddhartha Gautama. Da questa logica “strana” scaturisce un “insieme vuoto” ossia “sunyatha”(cfr. Amir D. Aczel, Finding Zero, p. 40-41). Come Democrito tramite la massima di Pirrone “nulla di più” deduce che se c’è un vuoto significa che esiste “un vuoto”, Parmenide direbbe: se c’è un vuoto non può essere nulla, noi affermiamo che così nasce il senso della “cosalità ” da qui (da cui?)(concetto di catalisis della nostra teoria della conoscenza del 2008) l’idea del movimento di Democrito può procedere per continuo. Allora, in questo modo, possiamo comprendere che dalla logica Chatuskoti nasce la percezione fondamentale di un “insieme vuoto [3]”.  
Ora, comprendiamo la logica aristotelica; cioè, A=B; B=C; dunque A=C. La causalità conseguenziale del sillogismo Aristotelico facilita la creazione di un concetto funzionale come lo zero in senso matematico(In senso linguistico “sunya” significa già vuoto o si può dire zero esistente). Innanzi tutto dobbiamo comprendere il funzionamento della logica di Aristotele. Essa è la base utile per la meccanica. Da questa logica possiamo escludere l’inutile da qualsiasi procedura logica per completare un qualsiasi prodotto relativo. In questo modo, un “insieme vuoto” che nasce dalla logica chatuskoti può essere definito come lo zero escludendo tutte le altre possibilità.                    

Lo zero e ontologia

Alla fine sembra che tutto ciò nasce da un gioco della mente. Se è così, questo gioco della mente è lo sfondo catalitico dell’essere nel mondo. Da questo punto di vista prima sparisce il mondo dei numeri ideali platonici e poi riapre la possibilità effettiva delle attività della  mente per un mondo della comunicazione-relazionale. In questo modo la mente nella sua forma naturale continua a permettere assolutamente di vedere e  definire ciò che un individuo desidera vedere[4]. Ora possiamo comprendere dove sta l’energia originale e la capacità di creare i numeri senza riferimento agli oggetti.  È una facoltà dinamica e congenita della mente propria dell’uomo.  A questo punto bisogna precisare che le basi di calcolo come per esempio 2, 10, 20, 60 ecc. sono le capacità individuali e culturali, perciò sono relative e rilevanti relativamente al pensiero culturale. In altre parole, la base fondamentale è la percezione congenita di “insieme vuoto”.

Ora partendo da ciò che abbiamo visto (“vedere” secondo la nostra filosofia significa esaminare in modo dialettico e analitico) fino adesso si può affermare che vi è un legame inevitabile tra questa dinamica di base, cioè di percezione di un “insieme vuoto” e l’ontologia che a sua volta afferma l’esistenza di base, cioè la “presenza vuota” (essere in quanto essere e non dei fenomeni particolari). Ciò vuol dire che essere in quanto essere è uguale alla percezione dell’“insieme vuoto”; in altre parole è uguale allo zero, alla sunyatha, al nulla, al punto che non ha le parti, al parallelo cha ha lunghezza ma non ha larghezza ecc. Questo legame tra un “insieme vuoto” e “presenza vuota” designa un’autentica ontologia del pensiero.     

 Il monaco buddhista Nagarjuna e il concetto di “sunyatha”

Nagarjuna (150 a.c. – 100 d. c.) nella sua reinterpretazione sistematica della dottrina di Buddha, che si trova espressa nella sua opera principale Madhamakakarikas, probabilmente, non per un errore ma consapevolmente, individua il “Sunyatha” come qualcosa che si può riconoscere come “essere in trasformazione”. È una percezione raffinata, giusta e giustificabile. Come qualsiasi pensiero, parola e atto hanno conseguenze processuali (processi dialettiche e logiche per continuum) anche questa percezione del monaco Nagarjuna aveva portato a conseguenze tragiche. La più significativo è quella di scissione dell’insegnamento di Siddhartha Gautama in due scuole: Hinayana e Mahayana. Credo che il monaco Nagarjuna non fosse consapevole di questa conseguenza. Comunque, Nagarjuna sostiene che la presenza della materia sia come l’energia che nasce e che dura "un attimo" (in lingua Sanskrito “kshena”), come la frazione elementare possibile di un pensiero. È necessariamente pensabile con un’immagine “insieme vuoto” e pensabile con “presenza vuota”.  

D’altra parte, dal punto di vista del nostro monaco Nagarjuna questa modalità rende integrabile alla logica del suo maestro Siddhartha Gautama  quella Aristotelica che era già presente nel suo tempo in India. Così la causalità è un fattore consequenziale dei momenti che accompagnano uno che nasce dopo, vale a dire se A è la causa di B, dunque, se c’è B, ci sono le regole e gli effetti dell’esperienza dell’A in B (A=B, B=C dunque A=C). Perciò, noi affermiamo che il monaco Buddhista Nagarjuna sotto lo studio della logica Aristotelica ha ideato precisamente lo zero e lo ha diffuso tra gli intellettuali dell’India.      

L’esistenza e lo spazio-tempo 

Abbiamo visto che le cose appaiono solo "un attimo" e cambiano subito e poi vi è un legame tra l’essere e causalità. In altre parole in tutto ciò che cambia, muta e si muove vi è qualcosa di riconoscibile come “cosa che sta trasformando” cioè un “insieme vuoto” oppure la “presenza vuota” che viene determinata da concetti di qualità e quantità. Questo è il movimento di cui ha parlato Democrito sulla massima del filosofo Pirro. Il movimento è legato alla dinamica delle cose (movimento, mutamento, cambiamento). È la nostra percezione possibile del mondo. Questo si può comprendere per analogia con la pellicola cinematografica: ogni fotogramma è un telaio logico. Nel movimento un fotogramma si muove secondo il ritardo normale della percezione visiva di 1/10 alla velocità di 19 fotogrammi al secondo. Così noi percepiamo la dinamica del mondo a modo nostro esattamente. Al di fuori di quella percezione noi non possiamo parlare, proprio come ha detto Wittgenstein: su ciò di cui non si può parlare si deve tacere(Wittgenstein, Tractatus Logico Philosophicus 1922).  

Dal punto di vista della logica Aristotelica, quando Buddha afferma che non vi è nessun fenomeno eterno sottintende che le cose finite esistono. Così i fenomeni esistono negli attimi di tempo concernenti la nostra esperienza. In questo modo, il monaco Nagarjuna ha evitato il nichilismo esistenziale. Questo è un fatto importante anche riguardo all’insegnamento di Siddhartha Gautama: sunyatha non è una forma di nichilismo ma è il modo giusto di comprendere l’esistenza. Tutto ciò che esiste non solo è definibile come semplice apparenza ma anche come modo di essere quindi non è ignorabile. Allora, tutto ciò che esiste relativamente al proprio essere, comunica e relaziona col mondo. È la possibilità di essere. Così la dottrina di Buddha viene riaffermata con una dialettica diversa. In questo modo si può comprendere l’insegnamento di Siddhartha Gautama in due modi: come un’etica che riafferma la vita contemplativa e come un piano più produttivo e innovativo dal cui pensiero scaturisce lo sviluppo della materia[5].

Suggerimenti   


Abbiamo visto l’importanza dello sfondo logico del pensiero. Secondo la nostra teoria della conoscenza la logica “chatuskoti” e la “aristotelica” sono complementari. Esse fanno parte dei nostri ragionamenti critici e creativi. Noi siamo entusiasti nel raccomandare l’approfondimento della logica chatuskoti che è presente nel dialogo tra Monaco Buddhista Nagasena e il re Indo-Greco Menandro I Soter (155-130 a.c.)[6]. Leggendo questo testo uno può comprendere senza difficoltà cosa sia la logica chatuskoti e la sua utilità. In modo specifico noi siamo convinti della sua validità per comprendere e interpretare il comportamento del quantum ossia la fisica quantistica. Inoltre se analizziamo bene le domande e lo sfondo della logica chatuskoti nell’argomentazione di questo dialogo, si può capire il non senso dei concetti linguistici. Noi non raccomandiamo a nessuno di essere seguaci di nulla ma bisogna sapere raccogliere il nesso logico che a noi serve togliendo tutto ciò che è di culturale e fantastico.            


[1] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, P. 75.

[2] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, Pp. 77-78.

[3] Facoltà insiemistica è una delle capacità fondamentali della nostra percezione secondo la nostra. Questo è fondamentale per comprendere il concetto di logos.
[4] In parte questa è ciò che afferma la fisica quantistica. Secondo la nostra teoria della conoscenza la logica chatuskoti è lo strumento utile per la fisica quantistica.
[5] A me sembra di interpretare Aristotele; cioè, Lo stagirita dice che la realtà è perfetta ma perfezionabile. Quindi, bisogna “vedere” con la forza creativa.
[6] Ci sono diverse traduzioni in lingua italiana e diversi studi fatti dagli studenti e studiosi italiani su questo libro. I testi sono disponibili su internet gratuitamente.




Sunday, 29 November 2009

IL PENSIERO DELL’Asia MERIDIONALE

Ajith Rohan JTF
 

DISCORSO SCRITTO PER LA “TAVOLA ROTONDA” ACCADEMIA DELLE SCIENZE UMANE E SOCIALI (A.S.U.S.) ROME - ITALY

 


INDICE

PREFAZIONE.. 4

INTRODUZIONE.. 8




Se il nostro tempo si può definire come l’epoca del dialogo e del riconoscimento, altrettanto vero- simile è se diciamo che questo è un altro rinascimento, non in un area geografica limitata, ma nell’intero mondo. Da questo punto di vista, questa tavola rotonda è un ottimo contributo per la conoscenza e per la costruzione di una mentalità nuova, possibilmente flessibile, accogliente e necessariamente rispettosa della libertà e della “dignità della diversità”: (riteniamo il fattore diverso inviolabile e indiscutibile: noi nasciamo e moriamo da soggetti dissimili pur riconoscendo e condividendo un mondo comune). Non intendiamo un neo- rinascimento che abbia bisogno di ritornare ad un tempo migliore rispetto al nostro, per attingere ai valori, ai modi e alle conoscenze, ma come propone la tavola rotonda, è necessario rivalutare ciò che abbiamo vissuto per poi riuscire a reinterpretare i principi universali con un etica di riconoscimento e di rispetto. Questo rinascimento non scaturisce come una reazione al potere di qualcuno, di qualche paese o di continente ma, ciascun soggetto, gruppo, comunità, paese e continente prendono coscienza del cammino fatto nei corsi della propria storia, non come un individuo isolato, ma come i soggetti in relazione, nel riconoscimento e nel rispetto di coloro che hanno contribuito ad arricchire le proprie esperienze di vita. In questo modo possiamo evitare la discontinuità della propria storia connessa alle altre culture. In questo processo bisogna dare la precedenza al riconoscimento dei propri punti forti e deboli e sul piano SPEC (socio-politico-economico-culturale) riconoscere come si è collaborato o dominato con le strategie nascoste di altre culture e religioni; vale a dire, questo rinascimento consiste in un esame fatto seriamente e severamente. Noi non possiamo dimenticare nulla e non abbiamo bisogno di un ritorno a un tempo come accadde nel rinascimento in Italia. Noi intendiamo con questo “rinascimento globale” a favorire un’autocritica che dà possibilità poi di uscire dal proprio mondo verso uno universale per confrontarsi, valutarsi reciprocamente, in vista del riconoscimento dei propri pregi e difetti insieme agli altri per ricostruire un mondo più umano. In quest’epoca, queste discussioni, dibattiti, incontri dovrebbero essere piattaforme per formare un mondo che non ripete gli stessi errori, come le guerre, le strategie nascoste per sfruttare altre nazioni, le dominazioni sul piano SPEC, ma aiutarsi a vicenda per superare le difficoltà insieme agli altri.
Proprio per la sua diversità in tutti gli effetti, l’India ci porta un numero maggiore di laureati in un anno, e allo stesso tempo di analfabetismo. Ora l’Asia è diventata la produttrice della maggior parte degli intellettuali nel mondo. In Asia c’è uno spazio ampio per la stampa, e si è la possibilità di avere informazioni di qualità E liberamente. D’altra parte vi è un controllo dell’uso dell’internet, come in Sri Lanka e in Cina. Secondo la nostra diretta conoscenza di ciò che controlla il governo dello Sri Lanka riguardo a internet, ci risulta che essa interessa l’etica comune del paese; vale a dire, il governo filtra, gli immagini e non lascia entrare i siti pornografici. Anche se l’Europa pretende, di essere molto libera, essa è sempre limitata e controllata in tutti gli effetti (per esempio le telefonate effettuate sono registrate e riascoltate per una terminologia specifica). D’altra parte, per quanto concerne la correttezza e la corrispondenza delle notizie, rispetto alla stampa Italiana, che funziona per accordi tra i giornali, riscontriamo più libertà di espressione e possiamo trovare organismi di qualità, per esempio, The Economist, Times, Newsweek, News Magazine, Far Eastern Economic Review, Asiaweek, India Today, Frontline e altre riviste della formazione e della ricerca ecc. ci sono molto più informazioni a livello nazionale e internazionale. Invece noi vediamo che in Europa persiste il pericolo della circolazione delle notizie controllate, accordate tra i giornali e le agenzie che le manipolano. Per poter essere democratici, e vivere secondo un’etica del riconoscimento e del rispetto della libertà, necessariamente bisogna superare L’attuale “gatekeeping” delle notizie altrimenti, prima o poi, l’Europa e gli Stati Uniti d’America e altri paesi di filo occidentale, rischiano di essere provinciali. Ora non mancano le prime segnalazioni di questi pericoli, per esempio: nessuna delle università Italiane è entrata nella classificazione internazionale delle migliori università nella lista di primi cento. Gli studenti di USA che studiano in Italia (religiosi e laici) hanno un concetto di un impero degli Stati Uniti d’America. Hanno avuto una formazione rigidamente controllata e limitata di informazioni. Sanno solo ciò che l’autorità ha raccomandato. Noi personalmente abbiamo l’esperienza diretta di una scuola di USA situata a Roma, che segue tutti libri di testi americani. Cioè, questi testi partendo dal testo di religione per arrivare alle scienze naturali, storia e matematica sono quasi la stessa cosa, vale a dire, contengono la catechesi americana. Gli studenti di questa scuola in lingua inglese, sono di diverse nazioni, culture e religioni, ma tutti devono imparare e seguire solo questi testi e la religione cristiana. Forse questo è la democrazia, la libertà, l’etica del riconoscimento e rispetto che parla degli USA?
Noi ci limiteremo all’Asia meridionale in generale e trattiamo in modo particolare lo Sri Lanka, ad hoc per il nostro lavoro. Noi sappiamo che l’Asia occupa un terzo del mondo geografico. In Asia vive anche 60% di tutta l’umanità. L’India, per esempio ha più abitanti di tutta l’Africa e di tutta l’America Latina. La nostra esperienza diretta della religione della cultura è questa: religione e cultura sono legate ,sono in parte necessariamente complementari e d’altra parte inseparabili. La vita spirituale è elemento indispensabile alla conoscenza non solo dell’Asia meridionale ma di tutto il continente. Anche se nei paesi socialisti come Cina, Vietnam, Corea del Nord, Cambogia e Myanmar hanno soffocato la religione a forza di resistenza al partito unico e totalitario (anche questo fattore non deriva direttamente da questi paesi ma da Karl Marx e dalle idee e delle strategie distruttive e dominanti politiche dei colonizzatori occidentali), in generale, in Asia non è possibile trattare l’uomo e i popoli ignorando le religioni che loro praticano. Vale a dire, senza la religione che praticano i popoli dell’Asia, noi non possiamo trattare l’identità nazionale ed etnica, o di SPEC. Infine bisogna affermare che le culture e le religioni hanno uno sfondo catalitico comune in Asia meridionale, cioè, “l’arte di vedere”, ossia “Darshana”. Il “Darshana” a sua volta assorbe anche ciò che si definisce in occidente come “filosofia”. Ciò vuol dire, anche se quest’ultima fa parte dell’insieme, Darshana non si limita come in occidente solo come “amore per il sapere”, ma per lei tutta l’esistenza umana dovrebbe galleggiare su di essa. Senza “Darshana”, non si può raggiungere nulla.
Scrivendo queste parole riguardo l’Asia cosa cerchiamo di affermare, negare, o indifferentemente lasciare andare? Forse raccogliamo le informazioni per colpirla e dominarla? Forse vogliamo costruire un mondo di pace che dialoga e lavora per un mondo comune rispettando la sua costituzione naturale della diversità? Come ci ha chiarito gli intenti della “tavola rotonda”, «Occidente, culture e religioni:ospitarsi, ascoltarsi nel ‘villaggio globale’». Ora sappiamo che tra noi vi è un atmosfera che fa dimenticare quelle irritazioni che distruggono la pace e il dialogo sincero tra le persone, di culture e di fedi diverse. Quindi, esotismi forzati, culturalismi riduttivi e superficiali, strategie politiche e economiche nascoste, nazismi, pregiudizi, arroganze culturali, imperialismo nascosto o limitarsi alle pedanterie degli accademici frustrati e i pensieri trascurati che appiattiscono tutto a poche righe indifferentemente alla situazione ma considerando solo il guadagno proprio.
L’illuminismo Europeo ha in parte determinato la fine del potere temporale ed un effetto particolare sulla spiritualità, in generale della chiesa nella parte occidentale e nelle colonie nord nordamericane, e poi negli Stati Uniti d’America. Queste culture hanno cominciato a muoversi stimolate dal pensiero illuminista verso un pensiero razionale e scientista, che come gli autori di questa corrente di pensiero credevano e affermavano, dirada le nebbie dell’ignoranza dello spirito umano garantendo una vita migliore e illuminata. Tutto ciò chiaramente è legata alle reazioni contro la politica, intesa come potere e autorità della chiesa (potere temporale spirituale). L’immediato risultato era di separarsi completamente dalla Chiesa, quindi, dalla fede cattolica. Possiamo dire chiaramente che, questo non avvenne in sud dell’Asia, per esempio, dopo Buddha, che è illuminato e, come Egli stesso ha detto, che è l’essere, l’uomo che ha raggiunto il massimo livello di vita felice in questa vita, quindi il “Nirvana”. Questo status di “Nirvana” è una forma di affermazione dell’importanza dell’esistenza dignitosa sulla terra proprio perché, Essa non è una dimensione che un essere umano dovrà sperare al di là, dopo la morte, ma che essa è qui, hic et nunc.
D’altra parte, possiamo affermare che da nessun movimento filosofico, religioso, spirituale o da rivoluzione politica, economica, sociale e culturale, non avvenne alcuna separazione dalla vita religiosa in generale in Asia meridionale. Invece possiamo dire, che, c’è stata sempre un’ affermazione del valore della vita spirituale e religiosa , mentre la parte che riguarda il potere assoluto e temporale dei sacerdoti e di altri personaggi è stato diffidato, e loro dovevano riformarsi e adeguarsi alle nuove prese di coscienza dei loro seguaci, in generale ai nuovi schemi pratici. Questi principi non sono stati mutati nemmeno dalle invasioni musulmane che distruggono i monasteri e delle grandi università dei buddisti e infine accelerano il ripiegamento su se stessa, quindi,il ritorno al pensiero Vedica. Questo piegamento poi diventa uno dei punti importanti per formare la “religione hindu”.
Credo che sia opportuno far notare un fatto sul piano comparativo: mentre noi possiamo vedere chiaramente l’Asia come un insieme di culture che hanno dato la nascita a maggior parte delle Grandi religioni del mondo, l’Europa ha presentato sul piano strategico e conoscitivo i sistemi politici come, democrazia, repubblicanesimo, diversi idealismi (es. anarchismo, cosmopolitismo, femminismo, liberalismo, marxismo, fondamentalismo, socialismo), dittatura, conservatorismo, nazionalismo, federalismo, totalitarismo, paternalismo, welfare e così via. In questo modo ha contribuito anche con le guerre calde e fredde tra nazioni e continenti. Ha inoltre, utilizzando il proprio potere economico e politico, originato le armi di distruzione, tenendo presente gli errori commessi contro i propri simili, proposto anche un documento dei “diritti umani” però senza tener conto delle altre nazioni, culture, religioni e civiltà che hanno esercitato da più di due mila anni ciò che hanno ricavato dai propri errori (non diciamo crimini) soprattutto durante la riformazione degli Stati Uniti d’America. Secondo il nostro avviso, per esempio, la libertà di pensiero per la prima volta nella storia umana è stata insegnata, praticata e valorizzata da Buddha. Fino ad ora nessuno ha mai trattato il soggetto umano in quanto uomo libero e degno di rispetto e riconoscimento. Questo tipo di insegnamento che rispetta e valorizza l’uomo in quanto uomo, noi in occidente, in questi dibattiti, incontri e nelle pubblicazioni, cerchiamo di trasmettere e di realizzare. Tutto ciò segnala la mancanza dei dialoghi sinceri e un confronto.
Ribadiamo ora ciò che abbiamo detto nella prefazione: per un rinascimento mondiale abbiamo bisogno del dialogo con tutti ove si riconoscono i valori nuovi, che a loro volta aprono gli orizzonti nuovi e allargano la visione del mondo. Dobbiamo però dare il merito a chi lo deve. In questo modo solo possiamo costruire una comunità internazionale che rispetta la democrazia, cioè la sovranità delle nazioni che non rischia con l’idealismo che scaturisce soprattutto dalla paura di essere minacciato dagli altri, vale a dire,che esso è una forma di chiusura che non apre all’auto- critica. Come pensavano in Europa per esempio su ciò che ha detto John Rawls in A Theory of Justice (1971) per quanto concerne la libertà e l’uguaglianza come una minaccia alla comunità, è in parte una posizione errata. Secondo il nostro avviso la libertà e l’ uguaglianza non sussistono senza uno sfondo comune che le danno la possibilità di esistere nella vita quotidiana. Per esempio, per qualcuno l’Europa sembrerebbe un continente non cristiano, ma in realtà la cultura di base è necessariamente costituita dalla reinterpretazione dell’impero decaduto da parte della religione cattolica e non potrà essere mai qualcosa d’altro. L’Europa sarà sempre sulla base del pensiero : greco-romano-ebraico-cristiano (GREC). Che cosa succede per un pensiero o una novità che viene da una cultura o civiltà diversa in un pensiero di base forte come quello europeo? Un assorbimento si digerisce Se viene reinterpretato. Questo è successo anche per l’insegnamento di Gesù. Tutto ciò prova che la libertà, L’uguaglianza, l’etica del riconoscimento E del rispetto reciproco non annulla la comunità, il gruppo, la nazione, il continente invece queste vengono arricchite e formate (cfr. Gutmann A. Cmunitarian critics of liberalism, Philosophy and Public affairs, 14, 3, 1985, pp. 308-322). Un altro fatto che scaturisce da tutto questo è che : nessuno dovrebbe pretendere di essere il salvatore del mondo e dei soggetti umani. Se qualcuno vuole un mondo condiviso con altri diversi, in uno sfondo costituito da un etica di riconoscimento e di rispetto della libertà, bisogna dare attenzione ai principi condivisibili, comprensioni e pratiche comuni universalmente valide. Questo esige un dialogo sincero, quindi, senza le strategie SPEC nascoste, senza le gerarchie di SPEC superiori e inferiori e senza le pretese di avere le verità in mano. In questo modo solo possiamo riformare in maniera adeguata e coerente dei concetti di comunità, nazione, continenti, e cultura. Così, le persone che appartengono a diverse culture, fedi, comunità lavoreranno per formare e arricchire un mondo comune.
È vero che noi non possiamo trattare un'unica civiltà per l’Asia meridionale perché nello sfondo del quadro vi è un mosaico di civiltà sulla base delle religioni e dei Darshana che hanno le partenze e i principi condivisi. Ma, la civiltà scaturita sulla terra di India ha contributo per le riformazione e modellazione delle altre culture nell’Asia meridionale. Come ben sappiamo che sulle rive del fiume Indo nascono le civiltà urbane perfettamente organizzate. Le ripetute invasioni di popolazioni indoeuropee (Arya), che provengono da Asia centrale introducano alcuni aspetti, religioso – spirituali, costumi e delle nuove conoscenze. D’altra parte Alessandro Magno aprii le porte direttamente alla cultura occidentale con gli scambi e dialoghi i nuovi arricchimenti alla civiltà nata in India. Le invasioni arabe e formazioni di alcuni regni musulmane influenzano e mantengono queste fino alle separazioni dall’India (Pakistan). In questo modo, possiamo affermare che alle radici della religione Hindu, sia lo sfondo inevitabile in parte determinato da Darshana che a sua volta non ha mai cambiato le sue radici fondamentali continentali. Dal punto di vista storico, ci sono diversi grandi periodi di sviluppo e ritorni ai fondamenti per esempio durante l’imperatore Ashoka tutta l’India divenne buddhista ma dopo le dispute per quanto concerne dei concetti come zero, Nirvana, samsara ecc. da parte di alcuni monaci buddhisti come Nagarjuna, Vasudeva ecc. il buddhismo Theravada si ritira in altri paesi come Sri Lanka, Myanmar e Thailandia. Nonostante queste avvenimenti fatali affermiamo con certezza che, tutti questi processi e procedimenti necessariamente si sono stati catalizzati da uno unico sfondo costituito da un “Darshana” e una spiritualità comune e non come i sistemi politici e strategici come accade esplicitamente in occidente nel corso della sua storia fino ai giorni nostri. Sono i cammini esistenziali di salvezza. Questo fattore è un comune che si condividono in tutti paesi dell’Asia meridionale.
Innanzitutto, possiamo sostenere che le terre dell’Asia meridionale stati favoriti a una vita diversa da tutte le altre parti del mondo proprio per la generosità della natura. Essa ha continuato sempre a produrre cibo in abbondanza dando più spazio all’uomo dell’Asia a pensare e produrre le nuove conoscenze allo scopo di conoscere la propria natura e d’intorno. Vale a dire il mondo non è mai stato un campo di battaglia per la sopravivenza, quindi, per il potere, per la ricchezza e per il dominio. Non dovevano nemmeno sfruttare la natura e delle forze del mondo naturale. Nell’Asia meridionale in questo modo scaturisce un pensiero che si impegna a scoprire un vivere proprio perfetto che non scontra con la natura ma si armonizza con essa. Le persone si sono impegnate alla ricerca della verità dell’esistenza. Le foreste e le montagne hanno provveduto il cibo necessario alle persone che contemplavano in solitudine; mentre la campagna e la città hanno sempre provveduto il cibo necessario agli uomini che si isolavano per la ricerca della verità. In questo modo possiamo dire che in Asia meridionale fino ai giorni nostri la sicurezza della vita, la ricchezza delle risorse naturali, maggior libertà dai pericoli e dai disagi, un distacco radicale dalle cure dell’esistenza e l’assenza dei disagi politici hanno favorito e stimolato la ricerca della verità e non la lotta per la sopravvivenza e alla trasformazione della natura. In questo modo possiamo verificare che dagli albori delle culture e civiltà dell’Asia meridionale in generale un grande ardore spirituale, le conoscenze profonde che diventano il “Darshana” (filosofia) ossia “vedere” il mondo. Tutto ciò diventa lo sfondo radicale e la catalisis della vita quotidiana. Vale a dire, tutte le culture dell’Asia meridionale hanno questo sfondo catalitico che a sua volta non nega mai l’amore all’intelletto e alla sua pratica. Non vi è un ceto sociale che impreca e disprezza queste nature, soprattutto perché, lo sfondo catalitico della vita e la gerarchia dei valori scaturiti dalle stesse nature che abbiamo detto.
In uno sfondo catalitico culturale e religioso noi non possiamo trovare la ricerca della verità distaccata dalla vita pratica o dalla pratica spirituale come un affare privato. La contemplazione non appartiene ad un ceto sociale che hanno tutto e poi non avendo altro da fare si sceglie o contemplare o fare politica ecc. invece è la natura di tutti. D’altra parte la teorica-pratica che difficilmente possiamo definire con il termine “filosofia” che a sua volta in occidente ha tentato sempre non sapendo cosa veramente, essa sia, rifugiarsi e avere sostegno in altre discipline come: politica, etica, teologia naturale o fondamentale, storia, sociologia, retorica, e oggi si tenta di essere ermeneutica o a ridursi al linguaggio e alla comunicazione, nell’Asia meridionale non si è ridotto mai a un'altra disciplina o ha cercato dei sostegni dalle altre discipline, invece essa si è collocata sulla base del pensiero di qualsiasi tipo. Senza questa capacità di “vedere” uno non può imparare nulla. Vale a dire nel pensiero dell’Asia meridionale noi abbiamo le altre discipline che si ispirano a quest’arte del “vedere” (Darshana) e si appoggiano a lei per essere sicuri. Essa è la scienza fondamentale che guida tutto il resto. Come dice Kautilya che : «la lampada di tutte le scienze, il mezzo per effettuare tutte le opere, e il sostegno di tutti i doveri» è “Darshana” (cfr. BhagavadGita, X 32). Kautilya scrisse un trattato sulla’economia (arthashàstra) politica che non si è mai distaccata né da “Darshana” né dalla spiritualità. Ma ha reso evidente la responsabilità sociale e etico-morale dell’economia e della politica per “Darshana ” e per la spiritualità.
In Asia meridionale vi è questa convinzione radicale che “Darshana” sia l’unico modo umano possibile che fa da catalisis e catalizzatore per comprendere il mondo, universo e vita. come noi sappiamo ogni cultura, nazione e civiltà ha la propria mentalità, una visione del mondo e un orientamento intellettuale. L’Asia del sud, nonostante le esperienze vissute sotto le vicende negative politiche europeo e le sue derivate lotte e le guerre civili (che ancora continuano) essa conserva la sua identità originale. Nelle grande città noi possiamo verificare interrelazione tra la modernità e la tradizione in vista di sviluppo a livello SPEC e verso “Darshana” e la spiritualità. I popoli mantengono radicalmente le proprie radici tradizionali e quelli SPEC insieme i tratti psicologici che costituiscono le loro peculiari eredità. Questa libertà lei manterrà sempre. Per esempio, nello Sri Lanka noi possiamo vedere un popolo che mantiene una formazione altamente qualificata dalle scienze sperimentali ma essa non oltre passa o sotto valuta la propria cultura invece mantiene i principi fondamentali del suo “Darshana” e spiritualità di Buddhista Theravada. Come abbiamo detto che la teoria e pratica nel pensiero dell’Asia meridionale non sono due estremi distaccati, ma sono intrecciati in parte in maniera complementare e d’altra parte radicalmente sono uniti nel “Darshana”. Ogni pensiero è percepito dal cuore umano affretta a viverlo.
Le religioni e le culture in Asia, in generale non sono organizzate secondo una strategia politica alla maniera delle chiese cristiane. Così per qualcuno che ha la mentalità di una religione organizzata può sembrare che le religioni dell’Asia siano frammentarie e discontinue. In questo modo, non si potrebbero comprendere con un quadro panoramico completo. Proprio per quest’aspetto ciò che è accaduto in Europa con l’illuminismo non è accaduto in Asia. Innanzitutto la religione non è mescolata con la politica e l’esercizio del potere e il denaro. Invece la politica necessariamente legata alla religione almeno sul piano pratico, essa tende a chiedere i consigli, pareri e l’approvazione dalle autorità religiose. Questi ultimi, sono necessariamente devono benedire, consigliare e criticare senza parzialità. I fedeli sono attenti a questi fatti e le autorità religiose dovranno agire con responsabilità. In altre parole, la politica può cambiare, ma la religione e la cultura rimangono al centro dell’esistenza del popolo.
La filosofia politica dell’Asia è centrata sulla liberazione spirituale del sé, sull’etica e morale e leadership. La politica non è tanto concentrato sull’esercizio del potere per governare ma definire la responsabilità sociale e etico – morale (cosa uno può fare, non fare e salvaguardare questa vita). vale a dire, la filosofia politica dell’Asia meridionale in generale non si preoccupa molto dell’economia o del benessere ma del “Dharma”, vale a dire sulla virtù e la liberazione e raggiungere il “Nirvana”. Invece la filosofia politica occidentale è legata all’esercizio del potere e la relazione tra lo stato e l’individuo.
CONTINUA

WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.

WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.
"No man, therefore No world". Man is the creator of his world within that so-called "natural world".