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Towards a Complementary Humanism - save humanism and human world - by Ajith Rohan J.T.F.

  Common Objective – "Save humanity and the human world." By "human world," we refer to the "man-made world...

Wednesday, 4 February 2009

EDUCAZIONE, LIBERTÀ E GIUSTIZIA - By Ajith Rohan J.T.F., Rome


Ajith Rohan JTF

මිනිසා ස්වභාවයෙන්ම දැනුම නිර්මාණය කරන හා දෙන ලද ඕනෑම ප්‍රපංචයක හෝ අදහසක නව මාන දකින එකම සත්වයා වෙයි. අනෙක් සුවිශේෂ ලක්ෂණ අතර මිනිසාගේ තමා සහ ලෝකය සමග කරන සන්නිවේදන-සම්බන්ධතා වෙනත් අයුරකින් කිවහොත්, සිතීම, පැතීම, ඒ අනුව හෝ අවස්ථාවට අනුව ක්‍රියා කිරීම (චලනය, වෙනස්වීම, රූපාන්තරණය) සියලු දේට මුලික වේ. සන්නිවේදන-සම්බන්ධතා මුලාකෘත පෙළඹවීම් වශයෙන් මිනිසා තුල ඇත. ඒවා සාපේක්ෂ සංස්කෘති සහ ශිෂ්ටාචාර ඔස්සේ සීමා සහ හැඩ ලබා රිත්මානුකුල එනම් සියලු ස්වභාවික චලන සාපේක්ෂ සදාචාර නීති, රීති, පුරුදු, විශ්වාස ආදී මං ඔස්සේ කෘතිමාකාරයෙන් නමුත් මිනිසාට ප්‍රසන්න සහ හානි අවම කරන අයුරින් ක්‍රියාත්මක වීමට උදවු වේ. මේ අනුව, මිනිසා සංස්කෘතික පරාස තුල දැනුම නිර්මාණය කරන බව පැහැදිලි වේ. එසේම, මිනිසාගේ ජීවිතය පළමු සහ අවසාන පාසල වේ. නමුත්, මිනිසාට සංස්කෘතියෙන් සහ ශිෂ්ටාචාරයෙන් තොරව මිනිසෙකු විය නොහැක. ඒ ආකෘති සෑම පුද්ගලයෙකුටම සිය නිදහසට සහ සොයන සහ පතන දේට අනුව සාපේක්ෂ දිශානති වෙත යාමට උදවු වේ. මේ අනුව, මිනිසාගේ නිදහස ආරක්ෂා වන අධ්‍යාපන ක්‍රම පමණක් මිනිසාට වැදගත් වේ. 

Abstract:

Education, freedom and justice
We, human, by nature are “creators” and “innovators” of new knowledge. It is also necessitated by our very nature of relation, and communication. This is a universal principle which we share with the rest of the existence (without considering the visibility, invisibility, matter-energy and quality of existence). But the human communication is something peculiar than any other relation we can individuate in the universe. Human beings, in any level “create” relative and relevant knowledge relative to his/her own inner and outer nature. The existence itself is a school for man. Human beings necessitate a long period of education and formation. Nevertheless, the education should be based on respect and on justice, otherwise, man becomes an automat. 

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EDUCAZIONE verso LIBERTÀ E GIUSTIZIA 

Conoscenza, privazione ed esistenza 

L’uomo, da quando ha cominciato a esistere in qualsiasi luogo su questa terra, ha avviato il processo della conoscenza partendo dalla propria coscienza, dall’esistenza dell’altro e dalla natura. Secondo la nostra visione del mondo la conoscenza inizia con il principio della “dipendenza”. Perché la dipendenza? Chiaramente perché nulla è autosufficiente. Tutto dipende da sé e dalle cose rilevanti della natura che circonda. Il sé e ciò che relativamente esiste sono perennemente in movimento, mutamento e cambiamento. L’esistenza è necessariamente un modo di comunicare e relazionare: per esempio, tra due molecole d’idrogeno e una di ossigeno nella comunicazione-relazionale formano una molecola di acqua. Quindi, la comunicazione-relazionale tra la natura vegetale, altri esseri viventi e esseri umani sta sulla base della vita sulla Terra. In questo modo possiamo notare 2 dimensioni importanti: dipendenza e comunicazione-relazionale. Queste dimensioni funzionano necessariamente in modo complementare.      
  
Or dunque, possiamo notare inoltre altri concetti che spiegano meglio questa situazione esistenziale della dipendenza: la natura imperfetta, la privazione, la necessità, la curiosità, la sete per capire e per conoscere. La vita degli animali rispetto agli esseri umani è determinata. Essi non hanno bisogno di scoprire nulla. Si limitano a ciò che disponibile per natura. La privazione per gli animali diventa la cessazione della loro esistenza. Ma gli esseri umani sono dotati di alcune capacità ben precise. Grazie a queste facoltà dinamiche, l’uomo è in grado di superare le privazioni e imperfezioni della natura e della propria vita e vivere in una dimensione particolare ove la dipendenza, ossia la comunicazione-relazionale, è stata trasformata in esistenza umana.

La conoscenza e l’esistenza   

La conoscenza si comincia dai bisogni primari degli esseri umani (alimentazione, abbigliamento, abitazione e cura). I bisogni spirituali in generale (non  necessariamente religiosi comunque un elemento rilevante della natura) sono legati alla dimensione complessa della dimensione psicofisico-emozionale. Ora, comprendiamo la struttura elementare degli esseri viventi, cioè, la vita individuale, sociale, emotivo-affettivo, procreazione e morte. Queste dimensioni a loro volta creano le dipendenze a ragnatela. Perfino l’ameba che ha per natura la procreazione autonoma, ha bisogno del cibo e un ambiente adatto costituito da elementi diversi e rilevanti per la propria esistenza. Da tutto ciò che abbiamo visto, possiamo dedurre due modalità di conoscenza: rilevante naturale e critico-creativo.

Il primo tipo, cioè la conoscenza relativamente e necessariamente strutturata in ciascun essere vivente è congenita(analogamente si può dire data come un sistema operativo di un computer). Questa conoscenza è relativa. L’esistenza relativa con conoscenze congenite è già un modo naturale di insegnare da parte della natura rilevante. Così possiamo notare che qualsiasi esistenza è costituita da elementi impensabilmente e indicibilmente vari e per la loro funzionalità è dotata di relativi meccanismi di comunicazione-relazionale. Ciò vuol dire che ciascun elemento esistenziale contiene già di per se stesso le informazioni per quanto concerne la comunicazione-relazionale, ossia dell’esistenza. In questo modo possiamo affermare che la vita è naturalmente la scuola per eccellenza della comunicazione-relazionale. 

L’uomo e la conoscenza   

Abbiamo visto che la natura è costituita da elementi diversi per forme e funzionalità. Questo vuol dire che la differenza qualitativa, la diversità costitutiva e quantitativa sono la fonte della conoscenza. Eccetto gli esseri umani, tutto il resto del regno animale ha la conoscenza indispensabile congenita. Inoltre, hanno bisogno di pochi minuti per essere indipendenti nel movimento ed eventualmente altri brevi periodi (rilevanti) per raggiungere la piena autonomia. Diversamente da questa natura l’uomo nasce come un essere inetto. Ha bisogno di una formazione molto lunga e di un costante e progressivo processo di adattamento al proprio ambiente e alle situazioni. In questo modo, ogni essere umano diventa relativamente autonomo nella sua dinamica non immediatamente o dopo una certa formazione della scuola o/e altri istituti di formazione ma lungo il periodo della sua esistenza. Un essere umano impara e crea il sapere lungo tutto il periodo della sua esistenza.

Il metodo della creazione della conoscenza

L’uomo per natura è determinato a “creare” le nuove conoscenze rilevanti e relative. Lo fa partendo dal proprio sé e dall’ambiente circostante. Noi a questo punto ricordiamo per rispetto l’affermazione di Aristotele per quanto concerne questa natura rilevante di creare conoscenza; dice lo Stagirita che la natura per sé è perfetta, ma perfezionabile per continuum da parte degli esser umani. Il metodo che noi abbiamo riconosciuto è quella della alternativa che a sua volta è costituita dalla visone dialettica e creativa (il nostro libro scritto in lingua inglese su questo argomento e metodo sta per finire, quindi, non approfondisco in questo breve articolo). In questo modo, dunque, possiamo comprendere la visione critica del mondo da parte degli esseri umani per creare eventualmente le nuove conoscenze in vista di migliorare la vita umana sulla Terra e nell’universo.

Essere limite e la possibilità della conoscenza.

Ogni essere nel mondo ha un’identità. Questa identità è costituita dalla forma, dalle qualità attive e potenziali e dalla quantità. Questa caratteristica formale (limite-forma) facilita l’identificazione delle diverse dinamiche attive e potenziali di un essere (di qualsiasi tipo incluso gli elementi chimici). Ogni essere è un mondo attivo e ha le potenzialità relative da scoprire. D’altra parte ogni elemento ha una dinamica (dinamica = cambiamento, mutamento e movimento) propria. Ora, come abbiamo detto sopra la “dipendenza”, scaturisce dalle “privazioni” relative dei soggetti. Abbiamo detto anche la natura è perfetta ma perfezionabile. D’altra parte nulla è autosufficiente. Tutti hanno bisogno di qualcosa dagli altri e dall’ambiente. In questo modo, l’esistenza sulla Terra è il modo più perfetto per creare le nuove conoscenze e mondi possibili.

Che cos’è l’educazione?

Il termine italiano ha il suo senso preciso della formazione metodico comportamentale, quindi, dell’etica e della morale. Ricordiamo l’osservazione di Hobbes: nella dinamicità impulsiva gli esseri umani come tutte le altre cose possono creare liberamente gli scontri violenti. Per questo Hobbes propone una figura paterna come Leviatano (paternalismo politico). Invece, se gli individui sono formati nella famiglia, nella comunità e dalla società di appartenenza con l’etica del rispetto reciproco, cioè, il primo passo inevitabile per una società democratica, tutto risolve con più facilità. Si possono aggiungere alla formazione anche delle norme morali relative a vari istituti dell’area geografica (religione, tradizione, civiltà ecc). In questo modo ciascun individuo viene riconosciuto per quello che è. L’educazione è dunque la piattaforma più importante per ciascun individuo per vivere la propria dinamicità col rispetto a sé, agli altri e alla natura. D’altra parte, l’etica del rispetto qualitativamente universalizza la vita dinamica della persona con gli atteggiamenti democratici. Vale a dire, educazione al rispetto reciproco è l’unica strada per il nuovo umanesimo mondiale.    

 Perché l’educazione (etica)?                                  


La natura, inclusa quella gli esseri umani, è dinamica. Con il termine dinamico noi intendiamo il movimento, il mutamento, il cambiamento dei fenomeni. Come ha notato Thomas Hobbes prima di scrivere la sua opera principale “Leviathan”, nel movimento dei fenomeni elementi e corpi s’incontrano e scontrano e fanno i danni a vicenda. Così anche gli esseri umani nel loro ”stato naturale” impulsivo fanno lo stesso. Quest’osservazione di Hobbes è importante e rilevante nella formazione e nell’esistenza. L’uomo nella comunicazione-relazionale dovrebbe sapere necessariamente rispettare limiti propri, altrui e della natura. Come abbiamo visto la comunicazione-relazionale è costitutiva  della nostra esistenza, ma abbiamo bisogno anche di regole, norme, usanze, tradizioni ecc per vivere con meno scontri. D’altra parte, essendo dipendenti dagli altri abbiamo bisogno degli altri quindi, abbiamo bisogno dell’educazione. Aristotele dice che se uno è autosufficiente dovrebbe essere o una belva oppure un dio. 

Sunday, 25 January 2009

LA DIALETTICA E LA LIBERTÀ



Ajith Rohan JTF


AbstractIn this article we discuss the explicit and adamant connection between the freedom and the dialectic vision of man. Human beings on the level of impulsive existence are dominated and limited by the fear, the partiality and the ignorance of the true nature of themselves and of the nature. In this way, the culture, civilization, religion, society, and the invented knowledge become guide lines to overcome the natural impulsive dynamics. On the other hand they naturally transform into prisons of mind due to the laziness of man to search for truth. Man easily becomes habitual. Thus, they transform our freedom in to fanaticism. What human kind is living today are consequences of those past errors and therefore man has to be critical and creative to win those dark worlds. 


අපෝහනය සහ නිදහස
ඉතාලි බසින් ලියා ඇති මේ කෙටි ලිපිය අපගේ බටහිර දර්ශන ආචාර්‍ය උපාධි පර්යේෂණයේ ඉදිරිපත් කල මිනිස් පැවැත්මට අදාළ ප්‍රායෝගික නමුත් නිර්වචනය කල නොහැකි මාන 5 න් එකක් පිලිබඳවයි. මේ මාතෘකාව ඔස්සේ මිනිසාගේ මුලාකෘත පෙළඹවීම් ස්වභාවිකව හැසිරෙන අයුරු සහ ඒවා ක්‍රමානුකුලව සාපේක්ෂව හැඩගස්වා ගන්නේ කෙසේද යන්නත්, ඒ හැඩ ගැසීමේ ක්‍රියාවලිය ක්‍රමයෙන් මිනිසාගේ කෘතීම සහ කනගාටුදායක සීමා සහ සිරගෙවල් බවට පත්වන ආකාරයත් ඉතාම සංක්ෂිප්තව දක්වමු. එසේම මතකය, මිනිසාගේ පැවැත්මට එහි ඇති වැදගත්කම සහ ඒ ඔස්සේ මිනිසාට මුහුණදෙන්නට සිදුවෙන තත්ත්ව මාන ගැනත් සැකෙවින් දක්වමු. විශ්වය, ලෝකය සහ මිනිසාගේ පැවැත්මට සාපේක්ෂව වැදගත්ම සාධකය මිනිසාම වන බව අපගේ ස්ථාවරය වන බව මින් පසක් වේ.    

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La dialettica, secondo il nostro avviso è strettamente legata alla libertà dell’essere umano. Se uno non è libero nel pensare, nell’agire, vale a dire se una persona agisce cecamente senza riflettere, abbandonandosi ai diversi modi di accecare il proprio pensiero, come :paura, parzialità, ignoranza, in modo adamantino, non è libero. Lui/lei non è capace di “salire” o/e “scendere” liberamente conoscendo le dimensioni nascoste dell’argomentare e del pensare. L’uomo in catene non ha una visione globale dell’esistenza,  non ha una visone filosofica che è squisitamente umana (per fortuna). La prima tra le lacune di un tale pensiero, può essere la mancanza della critica. Per tali persone, fare domande che scaturiscono  dalla curiosità, mettendo in dubbio le cose che sono state imposte  come vere dalla tradizione,dalla cultura, dalla civiltà, dai genitori e così via, è impossibile  . Loro, non sono capaci di muoversi nel pensiero che procede verso un’apertura dalle dimensioni nascoste e dalle regioni sconosciute, sulla base della libertà,  per poi creare  nuove e valide risposte (conoscenze).    La curiosità cerca di risolvere il dubbio.  Bisogna precisare che noi non stiamo trattando il dubbio cartesiano ma, quel dubbio naturale che nasce    insieme alla curiosità nel processo conoscitivo umano, che a sua volta trasforma nelle varie ricerche.



Come ha notato Platone, Aristotele e Dilthey  la tradizione, la storia, per dire in breve con il termine usato da Gadamer, i «pregiudizi» servono all’  uomo che pensa e agisce all’interno di una situazione  socio-politico-economico e culturale. Di questo,  noi, non possiamo dubitare. Qualsiasi uomo, che si esprime con una lingua, ha in possesso un bagaglio culturale sufficiente a vivere da  uomo di relazione, con sé e con il mondo. Il problema della libertà, senza  trasformarla in un “mito”, è al centro dell’esistenza umana. Meravigliarsi di fronte a un fenomeno naturale, per esempio: un tramonto, richiede  libertà. Sarebbe meglio affermarlo con Aristotele:    un tale momento è legato ad uno «status noetico» (consideriamo su questo punto che gli altri stati emotivi affettivi, nel momento dell’esperienza, sono tutti coerenti ad essa). La libertà, dunque, sembra che  rappresenti  un fondamento  della conoscenza e della relazione con il sé e, con il resto fuori  dal  sé.

La libertà, dalla paura, dall’ignoranza, dalla parzialità ecc., rende la persona capace di scoprire le dimensioni nascoste, è  ormai evidente. Ma la libertà non si realizza,  come abbiamo già detto, eliminando o abolendo,  negando completamente quello che è della persona come un membro di una collettività (la memoria è una necessità per gli esseri umani per poi ricominciare il processo per la libertà); la libertà  parte da lui per arrivare a ciò che è possibile e nuovo. In altre parole, l’uomo procede dal vero poi arriva al vero (non il Vero).


L’uomo libero, dunque, non è uno che ha la mente vuota di concetti, come affermava John Locke (tabula rasa). Egli ha gli schemi mentali, le conoscenze acquisite poi dogmatizzate, come ad  esempio un sistema operativo di un computer.  Senza le informazioni fondamentali, un computer non risponde alla corrente che forniamo come “input”. Dalla mente umana, naturalmente, scaturiscono i «pregiudizi» ma l’importanza della libertà sta sull’orientamento, sulla capacità analitica e sulla capacità di scelta (in conformità ad un’etica) e non in modo deterministico di una cultura o di una civiltà o di un gruppo, o di un clan, tribù ecc.  Inoltre, uno che  per essenza dovrebbe  ricercare la verità,  mette  in dubbio innanzitutto e soprattutto il proprio sé. Bisogna precisare che, se la ricerca della verità esige necessariamente la libertà del ricercatore, può  sembrare  un paradosso, se quello    già è in quello stato in modo esauriente, non avrebbe senso fare altre ricerche. Invece, bisogna dire che , la lotta per la libertà fa parte della ricerca e, anche viceversa. Nulla può possedere un uomo in modo assoluto, perché le nostre creazioni sono sempre perfettibili.

Ora bisogna verificare l’importanza della memoria per un uomo libero. Abbiamo le conoscenze scientifiche che a loro volta vengono utilizzate nella vita quotidiana,  come  leggere, valutare, costruire, riprodurre le macchine, guidare ecc. ma queste conoscenze non sembrano  comportare  un ostacolo alla libertà, se non vi sono altre tipi di conoscenze. Analizzando precisamente le storie delle civiltà, delle culture, possiamo individuare le conoscenze che dogmatizzano la memoria. Esse  sono le tradizioni, le fedi diverse e le religioni istituzionalizzate. Il mondo d’oggi è diviso in base a queste memorie che ostacolano, in modo adamantino,  la libertà dell’uomo. Le divisioni tra le religioni hanno accecato l’uomo per potersi  identificare in queste religioni (fanatismo). Questi possono  dimenticare la propria identità come “umano - libero”. Su questo punto le tradizioni, le storie, le culture e le civiltà, si ostacolano per essere liberi.  Utilizzano la conoscenza scientifica per soddisfare i propri capricci,  per affermare le proprie superiorità sopra gli altri. Solo una visione dialettica,  pluriculturale e interdisciplinare, fondata sulla giustizia e sul rispetto, può essere libera. Vale a dire, le conoscenze tradizionali, culturali, in senso dogmatico e strutture chiuse sono gli ostacoli, per essere liberi. Esse non danno la possibilità di riconoscere l’altro in modo dialettico con un’apertura adeguata a conoscere il nuovo.  Essi vedono la novità, la diversità, come i nemici. Così da queste conoscenze scaturiscono le diffidenze, le discordie, l’odio, le divisioni e non la conoscenza della verità e della vita.

Riconoscere queste difficoltà sul piano conoscitivo ed etico, è già un esercizio della dialettica. Così sappiamo l’importanza della tradizione, della storia,  della conoscenza che ogni cultura o civiltà ha prodotto nel tempo sulla  base della vita quotidiana. Bisogna poi sapere con chiarezza che, queste conoscenze non sono quelle per cui noi ci sacrifichiamo in modo fanatico, ma sono gli indizi, che a loro volta diventano loro stessi  oggetti delle critiche per scoprire le novità, quindi le dimensioni nascoste.
Non possiamo dimenticare la tendenza e la fragile natura umana che ci  sottomete agli effetti immediati della paura, dell’ignoranza. Di conseguenza, la conoscenza di qualsiasi tipo e le tradizioni, le storie, religioni, filosofie diverse dalla propria, diventano gli orrori da evitare. La propria cultura, la storia, la religione e la filosofia diventano delle maschere della paura nascosta, per non essere “vittima di”. Così questi fenomeni di cui abbiamo parlato diventano gli ostacoli per essere liberi.

Conclusione

Or dunque, l’uomo non  dalla tradizione, né dalla storia, né dalle fedi diverse, né dalle conoscenze scientifiche o umanistiche riceve la libertà. L’uomo la guadagna dall’arte della contemplazione (visione dialettica e critica con le forze della retorica ed ermeneutica). Quell’arte tramite cui, per eccellenza, l’uomo riesce ad arrivare a livelli relativi alle proprie virtù. Ammettiamo l’utilità delle conoscenze,  ma non le attribuiamo un’importanza assoluta, perché possono essere ostacolati. Invece, abbiamo bisogno della libertà di pensiero che dà l’avvio alla dialettica. Coloro che corrono dietro le conoscenze, di cui  abbiamo discusso, per poi esserne imprigionati liberamente, possiedono una personalità malata. Loro pensano di essere solo ciò che hanno dogmaticamente imparato e tradizionalmente ereditato. È vero che nessuno può scegliere la propria nazione, la famiglia in cui nascere, decidere quale corpo avere con le peculiari attribuzioni, le capacità e tantomeno nemmeno il nome ecc. Tutto viene dato a ciascun soggetto. Vale a dire, non dobbiamo dimenticare quello che siamo ora (  anche se  impossibile da dimenticare.  Sarebbe una cosa irrazionale), ma non dobbiamo dimenticare neanche che, le conoscenze delle culture diverse sono in parte delle cose accidentali. Un fatto importante è che le conoscenze sono perfettibili secondo una visione globale e mai provinciale quindi, presuppongono una dialettica, ovvero “il dialogo sincero” con sé e con gli altri. Così, uno non rischia di perdere la propria libertà. In tal modo può scaturire un pensiero libero che a sua volta dà frutti meravigliosi e non sono semplici discussioni provinciali, ma valgono a livello universale. Per aprirsi alla luce della verità dobbiamo quindi sentirci  liberi di  pensare in modo dialettico, che a sua volta serve  da catalisis tra le diversità infinite.



Wednesday, 7 January 2009

GIORNALISMO RESPONSABILE

Ajith Rohan JTF


Prologo

Scrivo quest’articolo ai miei amici giornalisti, a chi ha l’intenzione di entrare in questo campo e in modo particolare alle persone che manipolano le informazioni, positivo o negativo.

1. Libertà della stampa e democrazia

Lo sfondo di qualsiasi discussione umana, oggi, dovrebbe essere la democrazia. Non ci sono gli stati pienamente democratici in questo mondo e non ci saranno mai. In senso pieno o assoluto la democrazia è uno stato “utopico”, in parte come quello dei comunisti (sappiamo cosa è accaduto ai comunisti in Russia, per esempio, lo stato che doveva prevedere tutti i bisogni dei cittadini, è stato trasformato in una forma di dittatura. Non sappiamo che sistemi nasceranno con la "democrazia" corrotta.). Il rischio è sempre legato, non alle decisioni, ma agli uomini che occupano il potere (ethos degli uomini che vogliano occupare il potere, dovrebbe essere un servizio ai propri simili. Purtroppo, oggi, la politica è quella cosa, senza la quale una società umana diventa caotica e, con la quale una società potrebbe diventare un teatro delle maschere, ove tutti pretendono d’essere qualcosa: non è realtà! Un tiranno può balbettare benissimo sotto una maschera da democratico, fare discorsi retorici sui diritti umani, è in realtà i diritti umani diventano i diritti delle persone che occupano il potere e non di tutti gli uomini). Il denaro in questo mondo, sembra un fenomeno che domina il mondo. In realtà, il denaro è il mezzo più efficace di tutti i mezzi disponibili all’uomo per comprare il potere. Così il denaro è diventato l’obiettivo di tutte le persone che aspirano al potere in qualsiasi modo (su questo punto v’invito a leggere il mio articolo sul dialogo in questo blog: Dialogo è la sinergia della vita umana).

Il maggior rischio oggi è la corruzione, che partendo da un piano singolare ed arriva a quella nazionale ed internazionale. Essa è accelerata e nascosta dalla nuova tecnologia. In una situazione tale, è possibile sperare in un giornalismo libero che serve, che diventa la voce di un popolo? È un problema serio, un cancro che è diffuso in tutto il mondo. Se da una parte abbiamo bisogno di mantenere la democrazia, d’altra parte noi non siamo in grado, di essere responsabili per un impegno così importante da perseguire con onestà. Oggi uno dei grandi problemi del mondo, che peggiora giorno per giorno è terrorismo. I terroristi e gli amici dei terroristi che lavorano con un duplice stipendio: quello dai terroristi e l’altro rappresentato dalle tasse della gente. Ci sono infiltrati da per tutto. Siamo sfidati dai terroristi che combattono per i diritti umani e sono “diritti loro”. Se i mass media diventano un mezzo per i terroristi, quale democrazia possiamo sperare? Conosco giornalisti onesti che lavorano giorno e notte senza aspettare né il denaro né il potere, ma semplicemente la soddisfazione professionale. Ci sono poi alcuni che lavorano perché non trovano un altro lavoro. Conosco per nome le persone, le agenzie di comunicazione e dei canali radio-televisivi che a loro volta mangiano a carico delle tasse pagate dalla gente che giustifica gli attacchi terroristici e le loro motivazioni. Se è così, quale “libera stampa” può diventare la voce di un popolo?

2. Da chi dipende il media

Noi speriamo ancora in una libera stampa. Ma la stampa è veramente libera? I giornalisti sono veramente liberi? Bisogna analizzare bene. Oggi nell’economia non c’è monopolio degli stati, invece abbiamo, per esempio l’economia aperta. e globalizzata (anche se quelli già hanno dimostrato i punti deboli nel condividere i beni, facendo crollare l'economia globale). I proprietari delle grandi agenzie nazionali ed internazionali appartengono agli enti privati. Il primo aspettativa dei proprietari è quello della loro ricchezza (e non necessariamente quella intellettuale) e, naturalmente, il loro potere come piattaforma. Loro possono influenzare capricciosamente gli stati democratici. Forse, i mass media stanno diventando sovrastrutture dei governi democratici o già lo sono? Un singolo giornalista ha veramente “la libertà” di lavorare per il popolo, cioè la libertà di dare la voce al popolo? Il fatto che scaturisce da queste domande è che oggi la stampa è una proprietà di pochi ricchi, quindi è dei potenti. In un quadro così definito, quale libera stampa possiamo sperare? Visto che il primo ed ultimo fattore dominante, oggi è il denaro e quindi guadagno del potere (istinto naturale dell’uomo), un giornalista può lavorare per uno stato che trasmette le notizie e le informazioni all’interno dei parametri dati? Come un giornalista, che lavora per un’agenzia privata delle informazioni, di conseguenza lavorerà per soddisfare i bisogni della proprietà. Che male c’è? Sembra che stiamo trattando i dialleli? Se un giornalista scrive ciò che vuole il proprietario, il suo lavoro è assicurato e non abbiamo bisogno di dire quali conseguenze potrebbero accadere a colui che pensa di essere libero, che tenta di mantenere la dignità del proprio lavoro una dignità che gli viene dalla stessa società umana. I proprietari a loro volta pensano ai loro sistemi di appartenenza e assicurano i guadagni reciproci e null’altro. Prendiamo ad esempio la guerra in Iraq. Il presidente Saddam Hussein non aveva nessuna arma di distruzione di massa, ma lo scenario di quella famosa bugia, elegante, pronunciata dal più potente del mondo(almeno si pretende così), con l’aiuto di tutte le possibili manipolazioni retoriche, dei media ha portato tutto il mondo a credere (eccetto una minoranza internazionale che pensa liberamente) che fosse vera. Ma noi non dimentichiamo quella minoranza di giornalisti, anzi, direi quelle persone che vivono con dignità e soddisfazione e considerano la propria auto-stima. Questi non dipendono dalle medaglie, dalle promozioni e dalle regalie dei potenti o dalle persone che vogliano manipolare delle informazioni a proprio favore, essi veramente danno la voce a chi non c’è l’ha.

3. La libera stampa e il terrorismo

3.1. Canali internazionali, internet e la verità

3.2. Che cosa deve e non deve comunicare al popolo e chi le decide?

3.3. Le aspirazioni dei terroristi

3.4. Conclusione


Tuesday, 9 December 2008

IL DIALOGO




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Ajith rohan jtf


IL DIALOGO È LA SINERGIA DELLA VITA 

PRATICA[1]

Oggigiorno oltre a coloro che vogliono ed auspicano sinceramente e con tutto il cuore un mondo che cammini verso quella “Mèta finale” che definiscono e indicano con  diversi modi, fedi e convinzioni - oltre che con i mezzi ed i fini scoperti dall’ambiente dato e non creato da nessun uomo - ci sono anche delle persone che tirano a campare speculando sul tema del dialogo, così come su quello della guerra e della pace. Sia coloro che cercano di realizzare un mondo migliore, sia quanti vogliono semplicemente approfittare delle circostanze esistenti, tutti partono dalla propria natura, data ma anche modificata  attraverso il filtro di una determinata cultura e civiltà. Queste ultime, come dice Buddha[2], servono all’esistenza umana; tuttavia non sono fini a se stesse, ma  solo mezzi per scoprire la “Mèta finale”. Invece oggi le diverse civiltà e culture continuano a cercare di affermare le proprie rispettive identità per motivi ed interesse, tentando di imporsi sugli altri con l’astuzia o  con altri mezzi equivoci, come il potere, il denaro o la forza della posizione sociale. Le vittime di una simile coercizione prima o poi giungono alla consapevolezza di quanto hanno subito,  e si vendicano per le umiliazioni ricevute. Basti pensare al problema creato con la nascita dello Stato di Israele, nato dalle astuzie politiche europee: quelli che ora ne pagano le conseguenze sono le persone comuni. Non solo: senza conoscere gli antefatti, oggi il mondo giudica semplicisticamente i musulmani come una nazione barbarica, e l’Islam come una religione primitiva e sanguinaria. Le responsabilità di cambiare le cose sono nelle mani di due tipi principali di ricercatori: quelli sinceri e quelli che  approfittano delle circostanze. I primi lavorano per un mondo migliore rispettando le civiltà e le culture, quindi la diversità creata secondo ciò che è stato dato dalla natura; I secondi camminano sui cadaveri pur di imporre le proprie esigenze personali, mascherate nelle forme della civiltà e della cultura[3].         

 Dunque il segreto di mettere in atto un dialogo, secondo noi è questo: non vi possono essere una o più parti dominanti e altre dominate[4]. Tutti dovranno partire con l’unica intenzione di comprendere la verità nascosta nell’altro. Su questo punto vale la pena di ricordare il punto di partenza di  Socrate: sapere di non sapere tutto, e dunque non “insegnare” ma dialogando scoprire ed aiutare l’interlocutore a far scaturire le verità già presenti in lui. E’ un grande segreto che però va compreso non solo intellettualmente, per poi finire nelle chiacchiere da salotto o nella retorica pensata per guadagnare denaro o un nome tra i propri simili: al contrario, esso si incarna nella vita pratica eticamente formata e guidata. Come ben sappiamo, quando manca la sincerità fra il dire e il fare si apre un abisso. Tutti sono bravi nel dire, ma quando bisogna  fare spesso si  ritirano nelle proprie abitudini nascoste, nelle tane primitive; cioè si rifugiano nell’arroganza, nella paura, nella lotta per la sopravvivenza e negli altri timori atavici legati alla vita materiale[5]. Per non parlare dei capricci personali che possono sempre venire a galla in tutte le attività personali e comunitarie, mascherate con belle parole, sorrisi, regali o favori; questo con l’intenzione di distorcere fini e  obiettivi verso i propri interessi. Solo superando tutto questo possiamo realizzare un mondo che dialoga. Per iniziare sarebbe bene che ciascuno di noi provasse ad instaurare un dialogo con se stesso: sarebbe un buon punto di partenza.

Possiamo anche ricordare la regola aurea: fare il bene agli altri così come si desidera che sia fatto anche dagli altri. Ma il problema rimane sempre in parte irrisolto: la persona umana non viene creata da un Essere perfetto in modo diretto e immediato, ma nel processo della creazione v’è una gerarchia che si conclude nell’unione di un uomo e di donna, perpetuando così una serie di imperfezioni psicofisiche connaturate alle società umane. In altre parole, se un malato di mente sta male, come può voler bene agli altri? C’è da dire poi che la novità, la diversità, i nuovi punti di vista, i nuovi modi di vivere ecc. generano sempre un sospetto e una diffidenza che ai portatori di quella novità porteranno la morte, o quantomeno sofferenza ed emarginazione. E’ sempre accaduto in tutte le civiltà e culture ed accade anche nella nostra epoca, che pure è detta di grande progresso in tutti i campi.

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[1]I testi di base: Pico della Mirandola, De hominis dignitate, ( Bologna 1496). Titolo italiano: Il discorso sulla dignità dell’uomo; Anatole France, L’île des pingouins, trad. Ita. Isbn Edizioni, Milano 2006.     

[2] Il Buddha inoltre ha spiegato la religione(anche le convinzioni, le ideologie, le filosofie ecc.) paragonandola ad una barca, che a sua volta serve per attraversare un fiume o il mare (la vita o il samsara). Una volta raggiunta la mèta(non in modo completo e una volta per tutte,  ma in modo graduale e progressivo) ossia la riva del fiume, uno non porta sulle spalle quella barca, ma col rispetto la lascia li per gli altri che debbano o vogliano utilizzarla. Il Buddha raccomanda poi che nessuno disprezzi, sottovaluti o distrugga le altre religioni o le fedi diverse: se qualcuno si comporta così, rovina la propria stessa fede e si autodistrugge odiando gli altri(cfr. Dharmashoka, lapide XII).  In 2500 anni di storia delle missioni buddiste non troviamo un episodio che dimostri come sia stata versata una sola goccia di sangue per la diffusione della religione. Perché e come? Il fatto evidente è che la religione buddhista non è legata ai fattori culturali,  politici  o economici dei paesi. Con sincerità i religiosi buddhisti sono andati a diffondere la religione,  non a fare  colonie,  aiutare ai colonialisti (cfr. Walpola Rahula, What the Buddha taught, Gordon Fraser, Bedford, Englend 1959) o benedire le guerre. Non ci sono guerre giuste. Dio non è assetato di sangue della sua creatura. L’altro grande segreto dei buddhisti è il loro essere profondamente convinti  che per la Verità non c’è un proprietario: nel dialogo si scopre la Verità nascosta nell’altro.        

[3] È un dato di fatto psicologico che se un determinato soggetto vuole spasmodicamente difendere la propria civiltà, cultura, religione, il partito politico, la squadra di calcio, il gruppo, le idee o ideologie ecc. significa o che ha un forte bisogno di essere accolto, considerato con dignità, valutarlo per le sue qualità ecc. oppure che usa queste difese come pretesti per ottenere ciò che vuole (fama, denaro, consenso ecc.).    

[4] Queste dominazioni posso manifestarsi in modo silenzioso, cioè, psicologicamente, con intimidazioni gestuali o  addirittura culturali, che sono molto difficili da controllare. Un’altra manifestazione molto comune ed evidente è quella del potere e del denaro. Inoltre vi è un potere pericoloso legato a tutte le dominazioni: la comunicazione, cioè, dalla retorica e dalla dialettica distruttiva. Un esempio potrebbe essere l’idea gramsciana di rivoluzione culturale, dalla quale USA ha conquistato e continua a farlo usando la musica, il cinema, il teatro, la letteratura ecc. come dominazione intellettuale sulle altre culture.     

[5] Invece il Vangelo dice di non avere paura di coloro che possono distruggere il corpo materiale, ma di chi può dannare l’anima.   

L'UOMO è AVENTE LOGOS














SOMMARIO: TESI DI DOTTORATO IN FILOSOFIA TEORETICA - 2008
L’uomo è avente logos. Questa definizione dell’uomo viene sotto l’egida del concetto di catalisis, che, a sua volta, vibra solo sui piani complementari e le sinergie del pensiero umano. La sua vita inizia “con” e “a partire” dal logos. Egli “vive” nella “casa del linguaggio” e nell’attività della comprensione di sé, dell’altro e della natura completa, ma è perfezionabile ontologicamente. Così, l’avente logos per natura, «non può non comunicare». Il pensiero umano, secondo la nostra ricerca, è ricorsivo (ricava le partenze dalla propria temporalità salvo le atre possibilità come per esempio la mistica) ed ha cinque qualità: la matematica, la dialettica, la logica, la retorica e l’ermeneutica. Queste qualità a loro volta scaturiscono dal logos umano, grazie al suo sfondo di matematicità e di linguisticità. Allora, il pensiero umano è logos umano. Abbiamo riscoperto la validità, dell’unità sia dell’uomo sia del pensiero, quindi, non c’è una regina delle scienze, ossia una scienza delle scienze, che garantisce la conoscenza della verità, invece, solo nell’unità, comprendiamo la verità. Per natura l’avente logos, è l’unico essere pensante con una bipolarità. Nello stesso tempo comunicante, partendo da sé con una bipolarità peculiare. Noi affermiamo che, se l’uomo «non può non comunicare» egli «non può non pensare». Allora, nell’unità del pensiero, ove troviamo la complementarietà tra le cinque qualità e la loro sinergia per la ricerca della verità queste si esprimono nella retorica e nell’ermeneutica.

L’originalità della ricerca accademica
(esiti della ricerca)
  1. La scoperta della validità del concetto di la catalisis per la filosofia.  
  2. Una definizione nuova dell’uomo sulla base del concetto di logos: l’uomo è avente logos.
  3. Individuazione oltre a quella caratteristica del pensiero già individuato da Gadamer, abbiamo scoperto insieme la complementarietà tra la matematicità e la linguisticità del pensiero umano. 
  4. Individuare cinque qualità del pensiero: la matematica, la dialettica, la logica, la retorica e l’ermeneutica, in una situazione unitaria del pensiero che a sua volta esige la collaborazione tra le qualità nell’individuare qualsiasi concetto matematico o linguistico.
  5. Le cinque qualità del pensiero sono le catalisis ed allo stesso tempo sono catalizzatori del pensiero. Dunque, anche se le comprendiamo come le discipline scientifiche in questa forma e nello studio scientifico non hanno gli oggetti specifici se non essere catalizzatori. Le abbiamo trattato in ambedue modi per poi comprendere il valore sia come a livello catalitico sia a livello disciplinare l’importanza e indispensabile carattere per la ricerca della verità.
  6. In questo modo abbiamo individuato la ricorsività del pensiero umano a non solo alla propria temporalità ma anche al “non detto”, e a “non ancora”. Questa è diversa da quella ricorsività che si può ricavare dal pensiero di Wittgenstein e dal corrente di pensiero linguismo.       
 
Sintesi della tesi
Nel primo capitolo(L’uomo e la comunicazione) abbiamo costruito un’antropologia ontologica e fenomenologica. Dalla nostra visione del mondo l’uomo viene visto dialetticamente, cioè l’unità e la diversità intrinseca ed estrinseca nelle relazioni. La sua origine viene vista tramite il concetto di logos. Così abbiamo formulato una definizione coerente a questa natura, cioè l’uomo è avente logos. Egli inoltre «non può non comunicare» dunque «non può non pensare». La sua semplice presenza è già in relazione e in comunicazione.
Nel secondo capitolo(L’avente logos e lo sfondo dell’esistenza) abbiamo cercato di comprendere la base dell’esistenza, cioè, la relazionalità. Così abbiamo presentato la relazione tra la vita, la retorica e l’ermeneutica. soprattutto abbiamo visto la nostra esistenza come un insieme di comunicazioni, cioè il concetto di comunicazione uni direzionale e relazionale e già la possiamo intendere come l’esistenza stessa in senso generale. La comunicazione nella sua ultima analisi si può verificare nella retorica e nell’ermeneutica. La vita relazionale secondo la nostra ricerca esige la saggezza pratica, che non va intesa con una mentalità relativista, ma sempre  con la mentalità unitaria.   
Nel terzo capitolo abbiamo trattato il problema dello sfondo del pensiero dell’ avente logos(Lo sfondo mosaico del pensiero umano). Lo sfondo innanzitutto è formato dalla matematicità e dalla linguisticità. Su questo galleggiano le cinque qualità individuate, cioè, la matematica, la dialettica, la logica, la retorica e l’ermeneutica.
Nel quarto capitolo(La conoscenza della verità e la vita umana) abbiamo trattato il nesso tra la vita e la conoscenza della verità. Nel quadro abbiamo disegnato la vita umana che già esige la conoscenza, dunque, dire vita è sinonimo dire conoscenza per l’avente logos.
Nel quinto capitolo(la complementarietà e la sinergia del pensiero), che è anche la conclusione aperta della nostra ricerca, abbiamo trattato il problema della complementarietà e la sinergia nell’unità dell’uomo, nel pensiero, cioè nella vita. In questo modo abbiamo visto che la complementarità tra la retorica e l’ermeneutica come abbiamo detto nel II capitolo, possono essere definiti gli elementi costitutivi della comunicazione nella vita quotidiana. Sono due modalità immediatamente verificabili in qualsiasi relazione partendo dagli elementari ai quelli complessi. Come dice Eliot che la retorica e l’ermeneutica implicano un dialogo cosciente[1]. In altre parole, sono immediatamente legati alla ricerca della verità.


[1] Cfr. Eliot T. S., Retorica e teatro di poesia, in Sacred Wood, trad. ita. P. 108.


INDICE DELLA TESI
Introduzione ... pagina 1
Conclusione.
Bibliografia

WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.

WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.
"No man, therefore No world". Man is the creator of his world within that so-called "natural world".