Featured post

Towards a Complementary Humanism - save humanism and human world - by Ajith Rohan J.T.F.

  Common Objective – "Save humanity and the human world." By "human world," we refer to the "man-made world...

Showing posts with label Ricerca. Show all posts
Showing posts with label Ricerca. Show all posts

Wednesday, 2 December 2009

Zero e pensiero dinamico – (Appunti per filosofia teoretica 01) by Ajith Rohan J.T.F., Rome

Rome at night 2012

Ajith Rohan J.T.F.


Zero e pensiero dinamico – (Appunti 01)

Premessa

L’obiettivo principale di questa ricerca è  capire brevemente da cosa e come nasce il concetto matematico-linguistico “zero” e la sua presenza, in varie forme, in diverse culture del mondo.  In questo modo seguiamo i tratti tecnici dell’invenzione dello zero. Questo processo è accompagnato dalla critica filosofica e argomenteremo per comprendere questa creazione del concetto di zero così com’è stato influenzato a livello “Socio-Politico-Economico-Culturale” (SPEC). Inoltre,riguardo allo zero, siamo convinti della sua natura congenita e della sua inevitabilità, cioè di uno “spazio vuoto individuato” e rappresentato da un concetto ed eventualmente da un simbolo per la comunicazione e per qualsiasi espressione perfetta (numerica o linguistica) umana (cfr. Ajith Rohan J.T.F., La Retorica ed Ermeneutica come discipline complementari per la ricerca della verità in Aristotele e in Gadamer, 2008 Roma). In questo modo noi proviamo ulteriormente la nostra teoria della conoscenza basata sulla definizione dell’uomo: avente logos.

Questa necessità probabilmente è stata individuata materialmente e oggettivamente da parte di quel (quale?)popolo del continente Indiano, in quanto già avevano un pensiero raffinato filosofico-religioso pratico che a sua volta facilitava una tale invenzione. Inoltre, la lingua antica Sanskrito forniva già un termine che ha facilitato il comunicare questo concetto senza difficoltà nella vicissitudine della vita quotidiana. Il termine era “sunya” (vuoto e assenza – che genera una sensazione uguale a zero). Inizialmente tutti questi termini avevano un senso religioso. Ciò non vuol dire che escludendo attributi religiosi noi non possiamo trattare il concetto di zero. D’altra parte il senso religioso era solo lo sfondo culturale e civile con cui a loro volta abbellivano i concetti e la vita pratica in generale (dei, demoni, spiriti, bene, male, paradiso, inferno ecc). Questo fatto dello sfondo relativo delle epoche è presente in tutte le culture e civiltà del mondo. Ora noi lo dobbiamo comprendere senza attributi particolari in quanto semplice ed autentico possibile.

Alcuni fatti storici rilevanti

Il primo impero persiano fondato da Ciro il Grande è stato il più grande impero che copriva l’area geografica e culturale dalla valle dell’Indo all’Europa (550-330 a. c.). Questo impero ha collegato tutte le culture all’epoca in diversi modi: libertà di circolazione, fedi, culture, strade ecc. Inoltre, durante il periodo che si chiama Pax Persica, ha liberalizzato oltre alla strada regale che connetteva occidente all’India, la circolazione delle idee sociali, filosofie e culture e relative tecnologie. In questo modo prima della nascita di Siddhartha Gautama da Atene fino a valle d’Indo si conoscevano e si scambiavano non solo merci ma le idee e le culture. Gli esiliati greci, ebrei, e altre persone in questo impero, sono stati ben accolti. Secondo i fatti storici l’impero Achemenide persiano è stato il primo multinazionale e multi culturale. (cfr. Warwick Ball, Towards One World, Ancient Persia and the West, London, 2010, p 22-23). Secondo Ball, Anassimandro, Ecateo, Ippodamo, Pitagora, Anassagora, Ippocrate, Erodoto ed Eraclito  sono nati o vissuti sotto l’impero Persiano in Asia Minore (cfr. ibidem, p. 39). Inoltre quando nacque Siddhartha Gautama nel 480 a. c. i soldati Indiani del regno di Gandhara stavano facendo guerra a150 miglia da Atene per conto dell’impero Persiano (Stephen BatchelorA Buddhist Voice for Europe, EBU AGM, 2010). Tutti questi fatti riportati qui provano i legami diretti tra Occidente e Oriente prima della nascita di Siddhartha Gautama.

Alessandro di Macedonia e legami culturali


Questo legame poi venne ristabilito da Alessandro di Macedonia (356-323 a.c.) con più dinamica. Alessandro durante i suoi viaggi ha portato i filosofi interessati. Uno di questi è stato Pirrone di Elide (360-275 a.c.) che poi divenne il fondatore della prima scuola dello scetticismo in Occidente. Pirrone ha adottato uno strumento di argomentazione diversa da quella abituale, quindi la logica Chatuskoti, ossia la logica cha ha usato Siddhartha Gautama. Ciò significa,come affermano vari filosofi, dopo Alessandro di Macedonia le relazioni accademiche e culturali cominciavano a ricrescere. Quando venne Alessandro in India nella zona dell’ attuale Pakistan c’era la famosa università Takshila ove si insegnava la dottrina di Siddhartha Gautama e c’era anche il famoso economista Kautilya.  Questi fatti sono verificabili anche a livello archeologico. In oltre il testo che si chiama le Domande di Milinda (Milinda Panha) è un'altra prova materiale di questo legame tra Grecia e Indo-Grecia.    

D’altra parte dopo Alessandro di Macedonia la politica dell’impero è stata cambiata e l’India viene unificata sotto l’Impero di ChandraGupta (321-297 a. c.). Alla fine sotto l’imperatore Ashoka (304-232 a. c.) l’impero è stato portato al suo massimo splendore con la filosofia di Siddhartha Gautama e dopo di lui ha inizio la sua decadenza. Così in India, dopo l’imperatore Ashoka, il buddhismo viene abbandonato. L'India è stata gradualmente ripristinata ai principi pre-ariani e post-ariani o Vedica (base dei 4 Veda).In questo modo noi possiamo comprendere perché e come il monaco Nagarjuna (150-250 d. c.) è riuscito a pensare con una logica diversa e creare un concetto che trasforma tutta la matematica del mondo.  

Alcuni concetti importanti per la ricerca

Significato del termine sunyatha

Il termine nominativo “sunyatha” (शून्य) indica il «non essere, la non esistenza, ciò che non ha forma, ciò che è presente come non essere, assente, nulla. [in questo modo] gli scienziati indiani decisero che il termine “sunyatha” era perfettamente adatto, da un punto di vista sia filosofico, sia matematico (calcolo), a esprimere la nozione di assenza di uno degli elementi costitutivi del numero di volta in volta unità, decina, centinaia ecc»[1]. Sunyatha non significa “vuoto” ma  qualcosa d’indefinito. Com’è un “insieme vuoto”. D’altra parte questo termine ha una storia filosofica e religiosa in India. Il simbolo che rappresenta lo zero è un cerchio vuoto; anticamente rappresentava anche «cielo, spazio, atmosfera o firmamento». C’erano quattro rappresentazioni dello zero in India: «vuoto-spazio (sunya-kha), vuoto-circonferenza (sunya-chakra) zero-punto (sunya-bindu) [ed in fine] vuoto-numero (sunya-samkhya)»[2].

Von Neumann dice che i numeri: « could be bootstrapped out of the empty set by the operations of the mind». La mente umana è capace di osservare questi «insiemi vuoti» e così anche un altro «insieme vuoto» e così via. La base di qualsiasi partenza di un qualsiasi pensiero umano è lo stesso “insieme vuoto”. In questo modo un insieme vuoto non è più vuoto ma è un «“non-cosa”» ossia la “cosalità” mentale (cfr. A. Rohan 2008, Roma). Ora, questa conoscenza pratica la applichiamo al nostro modo di comprendere numeri partendo da zero o finire con lo zero (0 1,2,3,4,5,6,7,8,9, o al contrario); cioè, consideriamo che “Sunyatha” sia un insieme vuoto che a sua volta diventa una «“non cosa”» (cosalità) dopo aver attribuito il senso numerico di assenza come mediale o operatore (posizionale). In questo modo comprendiamo il legame tra il numero vuoto, insieme vuoto, “cosalità” e pensiero.  

Il problema della logica e comprensioni diverse

Il monaco buddhista Nagarjuna ha usato due logiche: quello chatuskoti e il sillogismo aristotelico. La logica di Buddha ha 4 possibilità (chatuskoti) ossia procede con quattro passaggi: per esempio, vero (p); falso (-p); ambe e due vero (p) e falso (-p); né vero (p) nemmeno falso (-p); (cioè tutto è possibile con una alternativa a scelta). Questa è la logica che il filosofo Pirrone di Elide (360-275 a.c.) ha usato per la sua scuola filosofica. Ciò vuol dire che la logica con quattro possibilità è stata usata da Siddhartha Gautama, nell’università di Takshila e da altri seguaci della filosofia di Siddhartha Gautama. Da questa logica “strana” scaturisce un “insieme vuoto” ossia “sunyatha”(cfr. Amir D. Aczel, Finding Zero, p. 40-41). Come Democrito tramite la massima di Pirrone “nulla di più” deduce che se c’è un vuoto significa che esiste “un vuoto”, Parmenide direbbe: se c’è un vuoto non può essere nulla, noi affermiamo che così nasce il senso della “cosalità ” da qui (da cui?)(concetto di catalisis della nostra teoria della conoscenza del 2008) l’idea del movimento di Democrito può procedere per continuo. Allora, in questo modo, possiamo comprendere che dalla logica Chatuskoti nasce la percezione fondamentale di un “insieme vuoto [3]”.  
Ora, comprendiamo la logica aristotelica; cioè, A=B; B=C; dunque A=C. La causalità conseguenziale del sillogismo Aristotelico facilita la creazione di un concetto funzionale come lo zero in senso matematico(In senso linguistico “sunya” significa già vuoto o si può dire zero esistente). Innanzi tutto dobbiamo comprendere il funzionamento della logica di Aristotele. Essa è la base utile per la meccanica. Da questa logica possiamo escludere l’inutile da qualsiasi procedura logica per completare un qualsiasi prodotto relativo. In questo modo, un “insieme vuoto” che nasce dalla logica chatuskoti può essere definito come lo zero escludendo tutte le altre possibilità.                    

Lo zero e ontologia

Alla fine sembra che tutto ciò nasce da un gioco della mente. Se è così, questo gioco della mente è lo sfondo catalitico dell’essere nel mondo. Da questo punto di vista prima sparisce il mondo dei numeri ideali platonici e poi riapre la possibilità effettiva delle attività della  mente per un mondo della comunicazione-relazionale. In questo modo la mente nella sua forma naturale continua a permettere assolutamente di vedere e  definire ciò che un individuo desidera vedere[4]. Ora possiamo comprendere dove sta l’energia originale e la capacità di creare i numeri senza riferimento agli oggetti.  È una facoltà dinamica e congenita della mente propria dell’uomo.  A questo punto bisogna precisare che le basi di calcolo come per esempio 2, 10, 20, 60 ecc. sono le capacità individuali e culturali, perciò sono relative e rilevanti relativamente al pensiero culturale. In altre parole, la base fondamentale è la percezione congenita di “insieme vuoto”.

Ora partendo da ciò che abbiamo visto (“vedere” secondo la nostra filosofia significa esaminare in modo dialettico e analitico) fino adesso si può affermare che vi è un legame inevitabile tra questa dinamica di base, cioè di percezione di un “insieme vuoto” e l’ontologia che a sua volta afferma l’esistenza di base, cioè la “presenza vuota” (essere in quanto essere e non dei fenomeni particolari). Ciò vuol dire che essere in quanto essere è uguale alla percezione dell’“insieme vuoto”; in altre parole è uguale allo zero, alla sunyatha, al nulla, al punto che non ha le parti, al parallelo cha ha lunghezza ma non ha larghezza ecc. Questo legame tra un “insieme vuoto” e “presenza vuota” designa un’autentica ontologia del pensiero.     

 Il monaco buddhista Nagarjuna e il concetto di “sunyatha”

Nagarjuna (150 a.c. – 100 d. c.) nella sua reinterpretazione sistematica della dottrina di Buddha, che si trova espressa nella sua opera principale Madhamakakarikas, probabilmente, non per un errore ma consapevolmente, individua il “Sunyatha” come qualcosa che si può riconoscere come “essere in trasformazione”. È una percezione raffinata, giusta e giustificabile. Come qualsiasi pensiero, parola e atto hanno conseguenze processuali (processi dialettiche e logiche per continuum) anche questa percezione del monaco Nagarjuna aveva portato a conseguenze tragiche. La più significativo è quella di scissione dell’insegnamento di Siddhartha Gautama in due scuole: Hinayana e Mahayana. Credo che il monaco Nagarjuna non fosse consapevole di questa conseguenza. Comunque, Nagarjuna sostiene che la presenza della materia sia come l’energia che nasce e che dura "un attimo" (in lingua Sanskrito “kshena”), come la frazione elementare possibile di un pensiero. È necessariamente pensabile con un’immagine “insieme vuoto” e pensabile con “presenza vuota”.  

D’altra parte, dal punto di vista del nostro monaco Nagarjuna questa modalità rende integrabile alla logica del suo maestro Siddhartha Gautama  quella Aristotelica che era già presente nel suo tempo in India. Così la causalità è un fattore consequenziale dei momenti che accompagnano uno che nasce dopo, vale a dire se A è la causa di B, dunque, se c’è B, ci sono le regole e gli effetti dell’esperienza dell’A in B (A=B, B=C dunque A=C). Perciò, noi affermiamo che il monaco Buddhista Nagarjuna sotto lo studio della logica Aristotelica ha ideato precisamente lo zero e lo ha diffuso tra gli intellettuali dell’India.      

L’esistenza e lo spazio-tempo 

Abbiamo visto che le cose appaiono solo "un attimo" e cambiano subito e poi vi è un legame tra l’essere e causalità. In altre parole in tutto ciò che cambia, muta e si muove vi è qualcosa di riconoscibile come “cosa che sta trasformando” cioè un “insieme vuoto” oppure la “presenza vuota” che viene determinata da concetti di qualità e quantità. Questo è il movimento di cui ha parlato Democrito sulla massima del filosofo Pirro. Il movimento è legato alla dinamica delle cose (movimento, mutamento, cambiamento). È la nostra percezione possibile del mondo. Questo si può comprendere per analogia con la pellicola cinematografica: ogni fotogramma è un telaio logico. Nel movimento un fotogramma si muove secondo il ritardo normale della percezione visiva di 1/10 alla velocità di 19 fotogrammi al secondo. Così noi percepiamo la dinamica del mondo a modo nostro esattamente. Al di fuori di quella percezione noi non possiamo parlare, proprio come ha detto Wittgenstein: su ciò di cui non si può parlare si deve tacere(Wittgenstein, Tractatus Logico Philosophicus 1922).  

Dal punto di vista della logica Aristotelica, quando Buddha afferma che non vi è nessun fenomeno eterno sottintende che le cose finite esistono. Così i fenomeni esistono negli attimi di tempo concernenti la nostra esperienza. In questo modo, il monaco Nagarjuna ha evitato il nichilismo esistenziale. Questo è un fatto importante anche riguardo all’insegnamento di Siddhartha Gautama: sunyatha non è una forma di nichilismo ma è il modo giusto di comprendere l’esistenza. Tutto ciò che esiste non solo è definibile come semplice apparenza ma anche come modo di essere quindi non è ignorabile. Allora, tutto ciò che esiste relativamente al proprio essere, comunica e relaziona col mondo. È la possibilità di essere. Così la dottrina di Buddha viene riaffermata con una dialettica diversa. In questo modo si può comprendere l’insegnamento di Siddhartha Gautama in due modi: come un’etica che riafferma la vita contemplativa e come un piano più produttivo e innovativo dal cui pensiero scaturisce lo sviluppo della materia[5].

Suggerimenti   


Abbiamo visto l’importanza dello sfondo logico del pensiero. Secondo la nostra teoria della conoscenza la logica “chatuskoti” e la “aristotelica” sono complementari. Esse fanno parte dei nostri ragionamenti critici e creativi. Noi siamo entusiasti nel raccomandare l’approfondimento della logica chatuskoti che è presente nel dialogo tra Monaco Buddhista Nagasena e il re Indo-Greco Menandro I Soter (155-130 a.c.)[6]. Leggendo questo testo uno può comprendere senza difficoltà cosa sia la logica chatuskoti e la sua utilità. In modo specifico noi siamo convinti della sua validità per comprendere e interpretare il comportamento del quantum ossia la fisica quantistica. Inoltre se analizziamo bene le domande e lo sfondo della logica chatuskoti nell’argomentazione di questo dialogo, si può capire il non senso dei concetti linguistici. Noi non raccomandiamo a nessuno di essere seguaci di nulla ma bisogna sapere raccogliere il nesso logico che a noi serve togliendo tutto ciò che è di culturale e fantastico.            


[1] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, P. 75.

[2] Ouaknin Marc-Alain, Mystères des chiffres, Editions Assouline, trad. Ita. Atlante, Bologna 2005, Pp. 77-78.

[3] Facoltà insiemistica è una delle capacità fondamentali della nostra percezione secondo la nostra. Questo è fondamentale per comprendere il concetto di logos.
[4] In parte questa è ciò che afferma la fisica quantistica. Secondo la nostra teoria della conoscenza la logica chatuskoti è lo strumento utile per la fisica quantistica.
[5] A me sembra di interpretare Aristotele; cioè, Lo stagirita dice che la realtà è perfetta ma perfezionabile. Quindi, bisogna “vedere” con la forza creativa.
[6] Ci sono diverse traduzioni in lingua italiana e diversi studi fatti dagli studenti e studiosi italiani su questo libro. I testi sono disponibili su internet gratuitamente.




Sunday, 25 January 2009

LA DIALETTICA E LA LIBERTÀ



Ajith Rohan JTF


AbstractIn this article we discuss the explicit and adamant connection between the freedom and the dialectic vision of man. Human beings on the level of impulsive existence are dominated and limited by the fear, the partiality and the ignorance of the true nature of themselves and of the nature. In this way, the culture, civilization, religion, society, and the invented knowledge become guide lines to overcome the natural impulsive dynamics. On the other hand they naturally transform into prisons of mind due to the laziness of man to search for truth. Man easily becomes habitual. Thus, they transform our freedom in to fanaticism. What human kind is living today are consequences of those past errors and therefore man has to be critical and creative to win those dark worlds. 


අපෝහනය සහ නිදහස
ඉතාලි බසින් ලියා ඇති මේ කෙටි ලිපිය අපගේ බටහිර දර්ශන ආචාර්‍ය උපාධි පර්යේෂණයේ ඉදිරිපත් කල මිනිස් පැවැත්මට අදාළ ප්‍රායෝගික නමුත් නිර්වචනය කල නොහැකි මාන 5 න් එකක් පිලිබඳවයි. මේ මාතෘකාව ඔස්සේ මිනිසාගේ මුලාකෘත පෙළඹවීම් ස්වභාවිකව හැසිරෙන අයුරු සහ ඒවා ක්‍රමානුකුලව සාපේක්ෂව හැඩගස්වා ගන්නේ කෙසේද යන්නත්, ඒ හැඩ ගැසීමේ ක්‍රියාවලිය ක්‍රමයෙන් මිනිසාගේ කෘතීම සහ කනගාටුදායක සීමා සහ සිරගෙවල් බවට පත්වන ආකාරයත් ඉතාම සංක්ෂිප්තව දක්වමු. එසේම මතකය, මිනිසාගේ පැවැත්මට එහි ඇති වැදගත්කම සහ ඒ ඔස්සේ මිනිසාට මුහුණදෙන්නට සිදුවෙන තත්ත්ව මාන ගැනත් සැකෙවින් දක්වමු. විශ්වය, ලෝකය සහ මිනිසාගේ පැවැත්මට සාපේක්ෂව වැදගත්ම සාධකය මිනිසාම වන බව අපගේ ස්ථාවරය වන බව මින් පසක් වේ.    

-----------------------------------
-------------------

La dialettica, secondo il nostro avviso è strettamente legata alla libertà dell’essere umano. Se uno non è libero nel pensare, nell’agire, vale a dire se una persona agisce cecamente senza riflettere, abbandonandosi ai diversi modi di accecare il proprio pensiero, come :paura, parzialità, ignoranza, in modo adamantino, non è libero. Lui/lei non è capace di “salire” o/e “scendere” liberamente conoscendo le dimensioni nascoste dell’argomentare e del pensare. L’uomo in catene non ha una visione globale dell’esistenza,  non ha una visone filosofica che è squisitamente umana (per fortuna). La prima tra le lacune di un tale pensiero, può essere la mancanza della critica. Per tali persone, fare domande che scaturiscono  dalla curiosità, mettendo in dubbio le cose che sono state imposte  come vere dalla tradizione,dalla cultura, dalla civiltà, dai genitori e così via, è impossibile  . Loro, non sono capaci di muoversi nel pensiero che procede verso un’apertura dalle dimensioni nascoste e dalle regioni sconosciute, sulla base della libertà,  per poi creare  nuove e valide risposte (conoscenze).    La curiosità cerca di risolvere il dubbio.  Bisogna precisare che noi non stiamo trattando il dubbio cartesiano ma, quel dubbio naturale che nasce    insieme alla curiosità nel processo conoscitivo umano, che a sua volta trasforma nelle varie ricerche.



Come ha notato Platone, Aristotele e Dilthey  la tradizione, la storia, per dire in breve con il termine usato da Gadamer, i «pregiudizi» servono all’  uomo che pensa e agisce all’interno di una situazione  socio-politico-economico e culturale. Di questo,  noi, non possiamo dubitare. Qualsiasi uomo, che si esprime con una lingua, ha in possesso un bagaglio culturale sufficiente a vivere da  uomo di relazione, con sé e con il mondo. Il problema della libertà, senza  trasformarla in un “mito”, è al centro dell’esistenza umana. Meravigliarsi di fronte a un fenomeno naturale, per esempio: un tramonto, richiede  libertà. Sarebbe meglio affermarlo con Aristotele:    un tale momento è legato ad uno «status noetico» (consideriamo su questo punto che gli altri stati emotivi affettivi, nel momento dell’esperienza, sono tutti coerenti ad essa). La libertà, dunque, sembra che  rappresenti  un fondamento  della conoscenza e della relazione con il sé e, con il resto fuori  dal  sé.

La libertà, dalla paura, dall’ignoranza, dalla parzialità ecc., rende la persona capace di scoprire le dimensioni nascoste, è  ormai evidente. Ma la libertà non si realizza,  come abbiamo già detto, eliminando o abolendo,  negando completamente quello che è della persona come un membro di una collettività (la memoria è una necessità per gli esseri umani per poi ricominciare il processo per la libertà); la libertà  parte da lui per arrivare a ciò che è possibile e nuovo. In altre parole, l’uomo procede dal vero poi arriva al vero (non il Vero).


L’uomo libero, dunque, non è uno che ha la mente vuota di concetti, come affermava John Locke (tabula rasa). Egli ha gli schemi mentali, le conoscenze acquisite poi dogmatizzate, come ad  esempio un sistema operativo di un computer.  Senza le informazioni fondamentali, un computer non risponde alla corrente che forniamo come “input”. Dalla mente umana, naturalmente, scaturiscono i «pregiudizi» ma l’importanza della libertà sta sull’orientamento, sulla capacità analitica e sulla capacità di scelta (in conformità ad un’etica) e non in modo deterministico di una cultura o di una civiltà o di un gruppo, o di un clan, tribù ecc.  Inoltre, uno che  per essenza dovrebbe  ricercare la verità,  mette  in dubbio innanzitutto e soprattutto il proprio sé. Bisogna precisare che, se la ricerca della verità esige necessariamente la libertà del ricercatore, può  sembrare  un paradosso, se quello    già è in quello stato in modo esauriente, non avrebbe senso fare altre ricerche. Invece, bisogna dire che , la lotta per la libertà fa parte della ricerca e, anche viceversa. Nulla può possedere un uomo in modo assoluto, perché le nostre creazioni sono sempre perfettibili.

Ora bisogna verificare l’importanza della memoria per un uomo libero. Abbiamo le conoscenze scientifiche che a loro volta vengono utilizzate nella vita quotidiana,  come  leggere, valutare, costruire, riprodurre le macchine, guidare ecc. ma queste conoscenze non sembrano  comportare  un ostacolo alla libertà, se non vi sono altre tipi di conoscenze. Analizzando precisamente le storie delle civiltà, delle culture, possiamo individuare le conoscenze che dogmatizzano la memoria. Esse  sono le tradizioni, le fedi diverse e le religioni istituzionalizzate. Il mondo d’oggi è diviso in base a queste memorie che ostacolano, in modo adamantino,  la libertà dell’uomo. Le divisioni tra le religioni hanno accecato l’uomo per potersi  identificare in queste religioni (fanatismo). Questi possono  dimenticare la propria identità come “umano - libero”. Su questo punto le tradizioni, le storie, le culture e le civiltà, si ostacolano per essere liberi.  Utilizzano la conoscenza scientifica per soddisfare i propri capricci,  per affermare le proprie superiorità sopra gli altri. Solo una visione dialettica,  pluriculturale e interdisciplinare, fondata sulla giustizia e sul rispetto, può essere libera. Vale a dire, le conoscenze tradizionali, culturali, in senso dogmatico e strutture chiuse sono gli ostacoli, per essere liberi. Esse non danno la possibilità di riconoscere l’altro in modo dialettico con un’apertura adeguata a conoscere il nuovo.  Essi vedono la novità, la diversità, come i nemici. Così da queste conoscenze scaturiscono le diffidenze, le discordie, l’odio, le divisioni e non la conoscenza della verità e della vita.

Riconoscere queste difficoltà sul piano conoscitivo ed etico, è già un esercizio della dialettica. Così sappiamo l’importanza della tradizione, della storia,  della conoscenza che ogni cultura o civiltà ha prodotto nel tempo sulla  base della vita quotidiana. Bisogna poi sapere con chiarezza che, queste conoscenze non sono quelle per cui noi ci sacrifichiamo in modo fanatico, ma sono gli indizi, che a loro volta diventano loro stessi  oggetti delle critiche per scoprire le novità, quindi le dimensioni nascoste.
Non possiamo dimenticare la tendenza e la fragile natura umana che ci  sottomete agli effetti immediati della paura, dell’ignoranza. Di conseguenza, la conoscenza di qualsiasi tipo e le tradizioni, le storie, religioni, filosofie diverse dalla propria, diventano gli orrori da evitare. La propria cultura, la storia, la religione e la filosofia diventano delle maschere della paura nascosta, per non essere “vittima di”. Così questi fenomeni di cui abbiamo parlato diventano gli ostacoli per essere liberi.

Conclusione

Or dunque, l’uomo non  dalla tradizione, né dalla storia, né dalle fedi diverse, né dalle conoscenze scientifiche o umanistiche riceve la libertà. L’uomo la guadagna dall’arte della contemplazione (visione dialettica e critica con le forze della retorica ed ermeneutica). Quell’arte tramite cui, per eccellenza, l’uomo riesce ad arrivare a livelli relativi alle proprie virtù. Ammettiamo l’utilità delle conoscenze,  ma non le attribuiamo un’importanza assoluta, perché possono essere ostacolati. Invece, abbiamo bisogno della libertà di pensiero che dà l’avvio alla dialettica. Coloro che corrono dietro le conoscenze, di cui  abbiamo discusso, per poi esserne imprigionati liberamente, possiedono una personalità malata. Loro pensano di essere solo ciò che hanno dogmaticamente imparato e tradizionalmente ereditato. È vero che nessuno può scegliere la propria nazione, la famiglia in cui nascere, decidere quale corpo avere con le peculiari attribuzioni, le capacità e tantomeno nemmeno il nome ecc. Tutto viene dato a ciascun soggetto. Vale a dire, non dobbiamo dimenticare quello che siamo ora (  anche se  impossibile da dimenticare.  Sarebbe una cosa irrazionale), ma non dobbiamo dimenticare neanche che, le conoscenze delle culture diverse sono in parte delle cose accidentali. Un fatto importante è che le conoscenze sono perfettibili secondo una visione globale e mai provinciale quindi, presuppongono una dialettica, ovvero “il dialogo sincero” con sé e con gli altri. Così, uno non rischia di perdere la propria libertà. In tal modo può scaturire un pensiero libero che a sua volta dà frutti meravigliosi e non sono semplici discussioni provinciali, ma valgono a livello universale. Per aprirsi alla luce della verità dobbiamo quindi sentirci  liberi di  pensare in modo dialettico, che a sua volta serve  da catalisis tra le diversità infinite.



WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.

WATER - Man, The Narrator. The protagonist of the Auto-biographical story.
"No man, therefore No world". Man is the creator of his world within that so-called "natural world".